Regia di Jean-Claude Rousseau vedi scheda film
Un cinema che si fà riflessione sull' immagine, sulla scia del cinema di avanguardia di Godard, Marguerite Duras, Straub-Houillet: un' estetica antinarrativa che ricerca nella fissità dell' inquadratura la dilatazione temporale, e che vede nelle immagini delle prospettive da aprire.
Rousseau porta all' estremo questo discorso, fino a svuotare completamente (o quasi) gli spazi, le strade e le piazze. Gli scorci di Roma, tagliati dal loro contesto, sono privati della loro riconoscibilità, compaiono solo parzialmente, di sfuggita, magari da una delle finestre dell' appartamento nel quale
lo sguardo dell' autore si concentra su se stesso. Uno spazio chiuso, dal quale la città resta fuori. Roma è una presenza fantomatica, intangibile, per lo più invisibile. predomina il buio e il silenzio, interrotto solo da sporadici rumori di fondo, che lasciano intuire la presenza di un mondo esterno.
E allora un film su Roma non è una serie di vedute e monumenti, ma un lungo monologo dello sguardo dell' autore, dal quale emergono elementi di epoche diverse, che coesistono in un non-luogo fuori dal tempo, metafisico e astratto, come in un quadro di De Chirico.
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