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The Running Man

Regia di Edgar Wright vedi scheda film

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La recensione su The Running Man

di supadany
6 stelle

Mala tempora currunt. Per quanto la situazione attuale sia già ampiamente disastrosa, non si vede la luce in fondo al tunnel e tanti segnali spingono a pensare che la degenerazione sistematica da tempo in atto abbia ancora parecchia strada da percorrere davanti a sé. Nella fattispecie, le sperequazioni sociali procedono a tutta velocità nel loro incontrovertibile ampliamento e i valori fondanti che conosciamo vengono gradualmente polverizzati, le difficoltà di tanti aumentano da un giorno all’altro e in ugual modo il benessere di chi soggiorna in una posizione privilegiata continua a crescere, soprattutto passa tutto in cavalleria come se fosse normale, un processo assodato/immutabile, da accettare a capo chino, tanto da far pensare di partecipare a un gigantesco/iniquo reality show.

Andando avanti di questo passo, niente può essere escluso a priori, tanto che lo scenario messo in piedi da The Running Man - per quanto estremizzato all’ennesima potenza - è oggi assai meno assurdo di quanto non lo fosse quando il testo - da cui trae il nettare saliente - ha visto la luce (correva l’anno 1982). Un film dalla messa a punto affidabile e risoluta, per un formato frullatore nel quale volano botte da orbi, carico di contributi ragguardevoli, con delle qualità evidenti (quelle che da sempre sono la specialità della casa delle pellicole appassionate/ossessionate frutto dell’occhio di Edgar Wright) e quindi semplici da confutare, che però tolgono inevitabilmente fiato/vigore al – forse centrale? - succo del discorso, rischiando seriamente di congestionare lo sviluppo/approfondimento.

In un futuro ormai divenuto invivibile, per curare la figlia malata il disoccupato, e scarsamente incline alle leggi vigenti, Ben Richards (Glen PowellHit man, Tutti tranne te) è costretto a partecipare al The Running man, un programma televisivo condotto con carisma da Bobby Thompson (Colman DomingoRustin, Candyman) e gestito da Dan Killian (Josh BrolinNon è un paese per vecchi, Sicario), un uomo senza scrupoli, nel quale i partecipanti devono fuggire da un gruppo di assassini stando anche attenti ai cittadini comuni, sempre pronti a smascherarli, cercando di sopravvivere per trenta giorni al fine di conquistare un montepremi esorbitante.

Ovviamente, i pronostici non lasciano alcuna speranza alle malcapitate prede, tuttavia Ben non ha la benché minima intenzione di arrendersi, puntando addirittura a rovesciare/disintegrare l’intero apparato che sorregge questa brutale/applaudita forma d’intrattenimento.

 

 

Colman Domingo

The Running Man (2025): Colman Domingo

 

 

Diretto con immancabile energia da Edgar Wright (L’alba dei morti dementi, La fine del mondo), impegnato anche nella sceneggiatura insieme a Michael Bacall (Scott Pilgrim vs. The world, Project X – Una festa che spacca), e tratto dal romanzo L’uomo in fuga di Stephen King, The Running Man è un prodotto a dir poco esplosivo, che centrifuga l’azione – presente in tutte le salse, tra randellate, sportellate, sparatorie e salti nel vuoto - con un contenuto marcatamente distopico, all’insegna di qualche compromesso (110 milioni di budget li richiedono, nonostante alcuni appaiano marginali/ridicoli, francamente risibili/evitabili) e del motto chi si ferma è perduto.

Così, il proverbiale senso del ritmo imposto dall’autore britannico (vedi Baby Driver – Il genio della fuga) prende rapidamente il sopravvento, circondando il protagonista con estemporanei gregari di lusso (come William H. Macy ed Emilia Jones) e dei cattivi con il coltello tra i denti (Lee Pace e Karl Glusman), transitando con innata scioltezza da uno stage al successivo, individuando in questo processo delle sezioni particolarmente esaltanti (vedi l’allestimento in stile Mamma, ho perso l’aereo che vede protagonista un efficace Michael Cera).

Al contempo, anche se i meccanismi dello show sono formulati con sintetica chiarezza, la trance agonistica riduce l’effetto distorsivo/critico di una congiuntura altamente degradante verso cui il dito viene puntato, un punto esiziale di caduta di un lavaggio del cervello ormai arrivato al suo ultimo compimento, con letali armi di distrazioni di massa (il popolo è parte attiva del congegno, sono tutti tifosi senza coscienza), gli indici di ascolto che dettano legge e una lotta disperata tra poveri/reietti/esclusi (Hunger games), ideata anche per il divertimento di chi se la passa alla grande (Squid game).

Ciò detto, quantunque manchi il salto di qualità definitivo, The Running Man è un rullo compressore che non smarrisce mai il filo del discorso, con un bollettino che vanta risorse preziose, come il suo protagonista, quel Glen Powell ormai eletto a ruolo di star del presente/futuro hollywoodiano, una bella faccia tosta che incassa - con spudorata resilienza - i tanti colpi ai quali è sottoposto, seguendo le regole del gioco e rilanciando senza denotare la minima titubanza.

 

 

Glen Powell

The Running Man (2025): Glen Powell

 

 

In conclusione, The Running man è un film acrobatico e surriscaldato, che rappresenta un discreto passo in avanti rispetto a L’implacabile, il suo diretto precursore (non ci voleva molto), e che maneggia con rispetto – nei limiti di quanto gli è stato probabilmente concesso - il testo originario, tuttavia la commistione/convivenza tra le anime cupe e brillanti che lo contraddistinguono, solleva qualche perplessità.

Tra sprint brucianti e descrizioni sommarie, senza esclusione di colpi e con un’ineffabile prontezza di riflessi, tante risorse preziose/fresche, come ad esempio la fotografia tirata a lucido impressa da Chung Chung-hoon (Old boy, Heretic), e bombe a orologeria azionate – a ripetizione - nel momento opportuno (per inciso, accade spesso), per un bulimico tour de force che, nonostante sia galvanizzante, finisce per delimitare il potenziale della portata disponibile.

Forsennato e spavaldo, aerodinamico e sensazionalistico, con poderosi giochi di prestigio che spostano (per quanto mi riguarda, un po’ troppo oltre il fine utilitaristico) gli equilibri.

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