1 stagioni - 7 episodi vedi scheda serie
White Trash. (Al di là del bene e del male c’è quasi sempre un fiume.)

Un trio di nettatori dell’urbe (in questo caso costituita da alcuni ameno-bucolico-scatafascici sobborghi della piccola Contea di Delaware, DelCo, finitimi dell’estesa periferia di Philadelphia in Pennsylvania) decidono di rubare a mano armata un mucchio di verdoni derivati dalla compravendita di un carico di drokah – si aspettano di trovare suppergiù un milione di dollari, buono pasto più, buono pasto meno – custodito in una trap house gestita da una banda di motociclisti in stle “Sons of Anarchy” (l’avidità però non è il solo movente: c’è anche una storia di vendetta a spingere da sotto), ma al posto dei bigliettoni fruscianti riuniti in mazzette si ritrovano con la suddetta drokah, non ancora scambiata, e contestualmente ci scappano un paio di paia di morti (strano, eh?) e la scomparsa/rapimento di un bambino, perciò viene approntata una task force (ebbene sì, quella che dà il titolo alla serie: bravi!) guidata da un agente F.B.I. ex prete cattolico (lo so, qui si sta un po’ esagerando, eh) e padre di tre figli (uno naturale, la maggiore, e due adottivi, maschio e femmina) e vedovo (la moglie è stata uccisa dal figlio acquisito durante uno scatto d’ira dovuto alla sua diagnosticata condizione schizofrenica): detta così, capite bene che il rischio di uscire dai binari dell’arte dello storytelling per entrare nel territorio del “WTF?!” è abbastanza altino, ma ecco la sorpresa: non succede, e la storia procede incalzante, coerente, appassionante: vuoi per la scrittura (l’ideatore e sviluppatore Brad Ingelsby sceneggia tutti e sette gli episodi, facendosi affiancare in tre casi da Dave Obzud), vuoi per l’interpretazione (in questa miniserie recitano bene pure le ombre, le comparse sullo sfondo, le fottute voci fuori campo di personaggi che mai vedremo e - per la gioia di batteri e virus aviari che fanno il ballo della zoonosi saltando da una specie all’altra - gli uccelletti e gli scoiattoli alla mangiatoia: la direttrice del casting è - ovviamente - Avy Kaufman), vuoi per la regìa (col Jeremiah Zagar di “We the Animals”, 4 ep., ai quali si abbina la fotografia di Alex Disenhof, e la Salli Richardson Whitfield di “The Gilded Age”, 3 ep., ai quali si abbina la fotografia di Elie Smolkin, che si alternano dietro la MdP).




Brad Ingelsby (che proviene dall’altrettanto potente "Mare of EastTown") con questa sua “Task” crea per HBO un qualcosa di (non troppo paradossalmente) al contempo classico ed eccezionale: in mano a quasi qualsiasi altro “autore” (un paio di nomi per tutti: lo Steven Knight di “Peaky Blinders”, “Taboo”, “See”, “All the Light We Cannot See”, “The Veil”, “A Thousand Blows” e “House of Guinnes” e il Mark L. Smith di “The Revenant”, “American Primeval” e “Untamed”) il racconto si sarebbe imbolsito dopo un quarto d’ora, qui invece è un crescendo inarrestabile (anche negli “ascolti”, che dal primo all’ultimo episodio sono più che raddoppiati: cosa più unica che rara) degno di William Friedkin, Michael Mann e Martin Scorsese (o, per rimanere in ambito seriale, dello Scott Frank di “Godless”, “the Queen’s Gambit”, “Monsieur Spade” e “Dept. Q”, dello Steven Zaillian di “The Night Of” e “Ripley”, del Richard Price di “The Outsider” e del Mark Protosevich di “Sugar”, pur se qualche momento “esagerato” è presente ad esempio nella costruzione del cliffhanger posto a conclusione del 5° ep.) che raggiunge l’acme del climax al termine del penultimo episodio, tant’è che addirittura il racconto poteva “chiudersi” persino a quel punto e il disappunto non sarebbe stato così incredibile, ma detto e nonostante ciò l’episodio finale non ha alcunché di superfluo, anzi.




Mark Ruffalo (In the Cut, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Collateral, Zodiac, Shutter Island, Margaret, Poor Things, Hal & Harper) giganteggia, punto. Tom Pelphrey (Banshee, Ozark, Mank, Outer Range, A Man in Full) gli tiene testa, punto. A loro fianco un ottimo cast “secondario” composto da Emilia Jones (BrimStone), Jamie McShane (BloodLine), Martha Plimpton (The Regime), Fabien Frankel (House of the Dragon), Alison Oliver (SaltBurn), Thuso Mbedu, Phoebe Fox, Sam Keeley, Margarita Levieva (The Deuce), Raúl Castillo, Owen Teague, Silvia Dionicio e Isaach De Bankolé (The Limits of Control, The Brutalist).
Musiche di Dan Deacon, coadiuvate da qualche gran bella original song messa sul piatto da Gabe Hilfer spaziando dal Camerun di Blink Bassy con “Ngwa” all’Ohio dei Caam con “All the Debts I Owe”.
White Trash. (Al di là del bene e del male c’è quasi sempre un fiume.)
- Come si chiamava?
- Lizzie Stover.
* * * * (¼) ½ – 8.75 (9.00)
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