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Dept. Q - Sezione casi irrisolti

1 stagioni - 9 episodi vedi scheda serie

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La recensione su Dept. Q - Sezione casi irrisolti

di mck
8 stelle

Il ritmo, l’incedere, il passo.

 

 

Riducendo (attraverso Sony/BBC che producono & Netflix che distribuisce) per questa prima stagione (semi-verticale: c’è un fil rouge a guisa di twist di partenza che la collegherà alle tanto auspicabili quasi quanto probabili prossime annate) composta da 9 episodi (orizzontali) “Kvinden i Buret” (2007), letteralmente “la Donna in Gabbia” – titolo col quale è stato tradotto e distribuito sul mercato italiano da Marsilio (2011), mentre per quello anglofono la Penguin (2011) ha preferito rinominarlo “the Keeper of Lost Causes” –, il primo libro [già trasposto per il cinema una dozzina d’anni prima da Nikolaj Arcel per la regìa di Mikkel Nørgaard in un film a naso - anche se il mio fiuto potrebbe sbagliare, per carità - non indimenticabile, ma che comunque sarà prodromo e capostipite del tutt’ora in corso adattamento cinematografico dell’intera saga che prima del giro di boa per insoddisfazione dell’autore letterario è passata da Zentropa (1-4, 2013-2018) a Nordisk Film (5-10, 2021-2032)] della serie “Adfeling Q”, ovvero “Department Q”, vale a dire, dopo debita stilizzazione, “Dept. Q” – che per l’appunto ad oggi consta di altri 9 capitoli (2007-2021) e per il momento può definirsi conclusa – di Jussi Adler-Olsen (1950), e per l’occasione traslandolo dal suolo danese a quello scozzese, Scott Frank (1960; Godless”, “the Queen’s Gambit”, Monsieur Spade”), dirigendo i primi due e gli ultimi quattro episodi e lasciando i restanti tre ad Elisa Amoruso e, con l’aiuto di Chandni Lakhani, Stephen Greenhorn e Colette Kane in fase di sceneggiatura, scrivendoli tutti, persiste in questa sua strana ossessione di non voler sbagliare un colpo.

 


Lo aiutano in questo ennesimo centro uno stropicciato Matthew Goode (Match Point, A Single Man, Stoker, Downton Abbey, the Good Wife, Self/less, Alley, the Offer, the House) nel ruolo di protagonista e una folta schiera di comprimari che gli tengono testa e rilanciano alla grande quali Chloe Pirrie (“Black Mirror: the Waldo Moment”, “An Inspector Calls”, “Youth”, “Carnival Row”, “the Queen’s Gambit”, “Kryptic”), Kate Dickie (“Game of Thrones”, “Prometheus”, “the Vvitch: A New-England Folktale”, “the Green Knight”, “the Northman”), Kelly Macdonald (“Trainspotting”, “Gosford Park”, “No Country for Old Men”, “In the Electric Mist”, “BoardWalk Empire”, “Black Mirror: Hated in the Nation”, “Giri/Haji”, “Line of Duty”), Shirley Henderson (“Trainspotting”, “Topsy-Turvy”, “Marie Antoinette”, “Life During Wartime”, “Meek’s Cutoff”, “Southcliff”, “il Racconto dei Racconti”, “Okja”), Leah Byrne (una versione scozzese dell’inglese Maisie Williams, e qui al suo primo ruolo importante), Alison Peebles, Catriona StirlingJamie Sives, Mark Bonnar, Steven Miller, Sanjeev Kohli, Aron Dochard e, ultimo non ultimo, Alexej Manvelov (una bella scoperta).

- Che c’è?
- Penso che se lei avesse potuto continuare ad indagare allora avrebbe risolto il caso.
- Cosa te lo fa credere?
- Ho letto il fascicolo. E ovunque andiamo lei c’è già stato prima. Stiamo soltanto seguendo le sue orme.
- Menti brillanti, eh?
- Penso che lei abbia fatto un lavoro talmente buono che deve aver spaventato qualcuno. E quel qualcuno è ancora molto spaventato. Buonanotte, signore.

E poi la fotografia (che passa, con sensatezza, dal 16:9 al 4:3, e viceversa) di David Ungaro e David Higgs , il montaggio di Michelle Tesoreo e le musiche di Carlos Rafael Rivera, più, tra le altre, la “Welcome Home (, Son)” di Radical Face (aka Ben Cooper) tratta dall’LP “Ghost” (2007) e dall’EP “Touch the Sky” (2010) e già utilizzata varie volte da cinema, serialità e spot pubblicitari.

 

 

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|      Friends?      |
Have (m)any.  |
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* * * ¾ (****)

Il ritmo, l’incedere, il passo. 

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