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Bugonia

Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Bugonia

di mck
8 stelle

An Inconspicuous Movie for a Flat Earth. (A Karel Thole Movie.)

 

(Ri)Cavare il vero (il bello, l’utile) dal falso (dal brutto, dall’inutile).
Bugonia” – che realizza, parafrasandola, l’etimologia del proprio nome tramandataci dalle Georgiche di Virgilio: generazione (spontanea) dai buoi (sacrificati) – dimostra una cosa: che dalle rape, ovvero il Will Tracy di “The Menu” e “The Regime”, si può ricavare (con l’aiutino da casa di Jang Joon-hwan) del sangue, o, se lo si preferisce, del miele.

 

 

Massimalismo postmoderno per (lo spirito - ben poco vitale - dei) tempi ridicoli.
Bugonia”, co-prodotto da Ari Aster, è l’immagine riflessa (teorie del complotto – con rimpasto alieno - che, come un orologio rotto, segnato l’ora esatta per ben due volte al giorno) di “Eddington” (che Will Tracy ha co-prodotto), e con “A Battle After Another” (PTA, ucronia né distopica né utopica) e “No Other Choice” (Park Chan-wook, satira marxista in purezza) va a comporre un’ideale tetralogia dello zeitgeist / status quo. (E se non fosse troppo sfasato... temporalmente ci butterei dentro pure "White Noise" di Noah Baumbach.)

 


Yorgos Lanthimos (“Kinetta”, “Kynodontas”, “Alpeis”, “the Lobster”, “the Killing of a Sacred Deer”, “the Favourite”, “Nimic”, “Bleat”, “Poor Things”, “Kinds of Kindness”) traduce a distanza di più di vent’anni il “Jigureul Jikyeora!” (“Save the Green Planet!”) di Jang Joon-hwan e, data la scala logaritmica con cui la sostenibilità (e l’etica, per non parlar della morale) umana planetaria sta collassando sotto al proprio stesso peso, non è proprio un esercizio sterile (anche se un po' facile).

 


Emma Stone (“SuperBad”, “Magic in the MoonLight”, “BirdMan”, “Irrational Man”, “La La Land”, “Maniac” e “The Curse”, e poi, oltre che yorgoslanthimosiana d.o.c.g. da "The Favourite", reduce anchella dal recente "Eddington") dona alla sua andromediana movenze da Bella Baxter, Jesse Plemons (“the Master”, “Breaking Bad”, “Olive Kitteridge”, “Fargo - 2”, “Black Mirror: USS Callister”, “the IrishMan”, El Camino”, I'm Thinking of Ending Things”, The Power of the Dog”, Killers of the Flower Moon” e Civil War”, oltre che già in “Kinds of Kindness”) e Aidan Delbis si rimpallano, con Stavros Halkias, il disagio. Alicia Silverstone torna a lavorare col regista e chiude il cast.

 


Fotografia di Robbie Ryan (collaboratore di Andrea Arnold, Ken Loach, Sally Potter e Noah Baumbach oltre che dello stesso Yorgos Lanthimos), montaggio Yorgos Mavropsaridis (sodale da sempre del regista), scenografie kareltholiane di James Price (che torna a lavorare col regista dopo l’altrettalmente alieno “Poor Things”) e musiche molto belle di Jerskin Fendrix (collaboratore fisso del regista proprio da “Poor Things”).

 

 

E con Pete Seeger e Marlene Dietrich è comunque un bell’andarsene.
E le api e i bombi tornano a impollinare, e gli uccellini a puu-tii-uiittare.
E dopo di noi (de-neonicotinoidizzati), il (metaforico) diluvio.
E meno male.

An Inconspicuous Movie for a Flat Earth. (A Karel Thole Movie.) 

 

* * * ¾ (****)  

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