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Renegade. Un osso troppo duro

Regia di E. B. Clucher (Enzo Barboni) vedi scheda film

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Ted_Bundy1979

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La recensione su Renegade. Un osso troppo duro

di Ted_Bundy1979
5 stelle

Visto la prima volta nel 1987 al cinema Astra di Lucca, oggi risvegliato come si deve grazie al nuovo master 2024 del BD tedesco, la nazione in assoluto forse più di estimatori dei film e del cinema di Terence Hill, e Bud Spencer. Quando la qualità delle vhs e dei dvd di questo film era mediocre, non ci si poteva immedesimarsi in esso come oggi. Che errore! Per quanto l'abbia appunto trovato quasi fantastico nel 2025  non riuscivo nemmeno a immaginare come mi avrebbe dato una scossa di nostalgia. Anche se "Renegade" fa ancora appello a tutti i miei riflessi incondizionati, ovviamente, perché presenta Terence Hill in un ruolo collaudato e in un'ambientazione collaudata.

Lui è Luke, un vagabondo bonario, astuto e intrepido che percorre le autostrade dell'Arizona America a bordo della sua Jeep. Ogni volta che è a corto di soldi, vende il suo fidato cavallo, solo per aspettare che a pochi chilometri di distanza gli arrivi di corsa. Un giorno, il suo vecchio amico del Vietnam Moose (Norman Bowler ottimo nella sua scena in carcere al parlatorio,  doppiato da Ferruccio Amendola), ingiustamente imprigionato, gli affida il figlio Matt (Ross Hill) come tutore. Insieme devono raggiungere una valle chiamata "Green Haven", dove Moose ha acquistato un pezzo di terra. Matt si dimostra un giovanissimo fin troppo sicuro di sé, la cui fiducia Luke deve faticare duramente per guadagnarsela. La loro amicizia si rivelerà molto importante, perché gli uomini che circondano il malvagio Lawson (Robert Vaughn, in apparizione speciale soltanto negli ultimi 15" di film) vogliono il pezzo di terra e non si fermeranno davanti a nulla per ottenerlo...

La trama, che ho delineato qui in modo fin troppo dettagliato, è in realtà del tutto irrilevante, poiché essenzialmente fornisce solo la cornice per un vivace film del filone americano  on the road, ricco di contenuti nel modo più collaudato: scherzi, battute, combattimenti, scontri, storie d'amore all'acqua di rosa e gesta eroiche vanno praticamente di pari passo, assicurando che "Renegade" non diventi mai noioso e che si possa apprezzare pur in qualche déjà vu occasionale – i vicini mormoni, per esempio – piuttosto che crocifiggere il film per la sua presunta mancanza di immaginazione. Ciò che si può apprezzare davvero del film – e di molte delle produzioni di Spencer-Hill ambientate negli Stati Uniti – è questa sfrenata glorificazione dell'America: il paese è fatto solo di autostrade e distese infinite, di bar per camionisti che servono hamburger, fagioli, birra e cola, di cameriere bionde e camionisti barbuti e turbolenti. Qui, un uomo può ancora essere un uomo, anche se occasionalmente deve difendersi da sceriffi ottusi e capitalisti naturalmente senza scrupoli che risiedono in torri di vetro in metropoli che appaiono solo nelle fotografie aeree. La spina dorsale del paese, tuttavia, sono tipi come Luke, che macinano chilometri giorno dopo giorno, vivono alla giornata e occasionalmente traggono profitto dalla loro astuzia – senza mai fare del male a nessuno, ovviamente. E questi tipi in gamba si conoscono tutti; la loro reputazione li precede praticamente sempre: Matt, per esempio, è conosciuto come "Matt the Blade" perché, ovviamente, una volta ha salvato un motociclista di una banda da qualche tipo di guaio – il che avvantaggia molto lui e Luke nel film. Viene sempre voglia di ascoltare musica country arrangiata alla Oliver Onions quando si vedono questi film. Non ce n'è molta qui, ma ci sono e no so se mi spiego, i Lynyrd Skynyrd. Anche questo è notevole e uno sforzo all'epoca non comune per un film comunque di produzione italiana con Cinecittà, averne i diritti. E anche la colonna sonora di Mauro Paoluzzi è di prim'ordine, con un'abbondanza di voluttuoso pathos synth

Oggi divenuto irresistibile con l'alta definizione : un film che è sempre stato un po' strano e piacevolmente anacronistico già nell'epoca in cui venne girato da Enzo Barboni e Terence Hill, però, quando nel gran finale, un centinaio di rocker moticlisti di tutte le bande dell'Arizona poi ringraziati nei titoli di coda, si presentano rombando sulle loro biciclette, e sono centinaia come neanche in un film americano ad altro budget, con più di qualcuno che sventola la bandiera confederata assieme a quella dell'Unione ancora più bizzarramente, il film ha un colpo d'ala. Sì, fa parte del folklore rock, lo so, ma il fatto che questo film, dedicato a una filosofia umanistica del "vivi e lascia vivere", offra una piattaforma all'ideologia associata è quantomeno sorprendente. E poi si nota che non c'è una sola persona di colore in tutto il film (l'unico ispanico è addirittura soprannominato "Rico, il massacratore chicano"), ne fanno un unicum soprattutto di questi tempi,  un "film per bianchi".  Nessuno dei realizzatori aveva tali intenzioni, ma il risultato è comunque piacevole.

Ross Hill, il figlio adottivo di Terence, come si sa perse la vita in un incidente stradale appena tre anni dopo questo film, all'età di soli 16 anni. Oggi ne avrebbe 51.

Apparizioni notevoli di Gigi Bonos come barista dell'autogrill americano, e di Cyrus Elias uno degli avvocati di grido in grisaglia color acciaio, delle scartoffie giustifica-rapacità, dei cattivi palazzinari capitalisti.

Insolite notazioni sessuali per essere in un film con Hill, come quando una vice-sceriffo bonazza lo perquisisce nei pantaloni tutta infoiata e gemente, o la precare cameriera bionda Megan, che subito lo invita a casa "per non farlo dormire".

 

 

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