Regia di Ildiko Enyedi vedi scheda film
82ma MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2025) - IN CONCORSO
Un grande albero di Ginko Biloba nel giardino dell’università tedesca di Marburg unisce tre storie : un neurologo cinese che nel 2020 si trova bloccato da solo nella facoltà durante la pandemia di Covid 19 e si mette a studiare i parallelismi tra cervello umano ed intelligenza vegetale, una botanica che a fine ‘800 fu la prima donna ad essere ammessa al dipartimento di botanica dell’università, un giovane studente di lettere che negli anni 1970 si invaghisce di una studentessa di botanica che lo avvicina alla comprensione delle piante.
Il film della regista ungherese Ildikó Enyedi, ben girato in tre formati distinti per rappresentare le tre epoche storiche in cui è ambientato presentateci in montaggio alternato, riesce a nella parte inziale della lunga pellicola a evocare emozioni inedite, alternando la prospettiva scientifica con quella spirituale e unendo con mano sensibile la dimensione naturale con quella umana mediante il magnifico albero testimone silenzioso delle aspirazioni, dei sentimenti e delle lotte personali degli esseri umani che si soffermano sotto le sue chiome mettendosi in ascolto della sua maestosa presenza. La pellicola al pari dei suoi protagonisti si interroga sulla capacità di percezione delle piante e sulle possibilità di comunicazione con il mondo vegetale, che forse non è silenzioso come ci sembra, senza fornire risposte definitive. La sezione più riuscita del trittico è quella dell’accademica che deve superare fortissimi pregiudizi dei baroni academici contrari all’ingresso delle donne nel dipartimento, che la sottopongono a un colloquio ostile e imbarazzante pieno di allusioni sessuali. Ma anche i personaggi maschili devono scontrarsi con ambienti che non li comprendono appieno e li considerano anzi bizzarri per il loro uscire dagli schemi preordinati ed andare alla ricerca di un contatto con un mondo altro, quello del regno vegetale.
Purtroppo poi l’autrice sembra smarrirsi dentro la sua stessa opera e, oltre a dilungarsi eccessivamente in una durata di 2 ore e 27 minuti , non riesce a tirare le fila delle tre storie e dare loro una conclusione esauriente, così dopo un bel po’ di divagazioni chiude su una lunga inquadratura autunnale dell’albero protagonista, lasciando allo spettatore un senso di irrisolto.
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