Regia di Mario Bava vedi scheda film
Violento, diretto, visionario: ha trasformato il sangue in linguaggio e plasmato gli slasher dagli anni ’80 a oggi.
Mario Bava firma uno dei film più importanti della sua carriera e, senza mezzi termini, una pietra miliare dell’horror mondiale. Reazione a catena (conosciuto anche come Ecologia del delitto) non è solo un giallo sanguinoso: è l’anello mancante tra il thriller italiano e lo slasher americano. Senza questo film, Venerdì 13 e i teen slasher degli anni ’80 non sarebbero mai esistiti così come li conosciamo.
Nella baia isolata che fa gola a speculatori e nuovi eredi, la contessa Federica Donati (Isa Miranda) viene uccisa brutalmente. Il suo assassinio scatena una spirale di sangue inarrestabile: tra eredi interessati, uomini d’affari senza scrupoli e un gruppo di giovani hippie, i cadaveri cominciano ad accumularsi in una sequenza di delitti sempre più crudeli. Nessuno è al sicuro e la logica che muove gli eventi è una sola: la violenza genera altra violenza.
Bava mette in scena un controllo artistico rigoroso: ogni inquadratura, luce e movimento di macchina sono studiati per amplificare la tensione. I colori saturi e le scelte di montaggio danno al film un’estetica disturbante, mentre l’ironia nera aleggia costante: non c’è indulgenza per i personaggi, ma una visione cinica e amara della violenza, che diventa quasi grottesca. Non esistono protagonisti positivi, solo figure mosse da avidità e paura che finiscono per distruggersi a vicenda.
La storia è volutamente scheletrica: non ci sono eroi né veri protagonisti, solo carne da macello che viene eliminata una dopo l’altra. Il tema centrale è chiaro: l’avidità e l’egoismo portano inevitabilmente alla distruzione, in una catena inesorabile senza spazio per la redenzione. La sceneggiatura fu un processo travagliato: il soggetto originale, intitolato Così imparano a fare i cattivi, fu scritto da Gianfranco Barberi e Dardano Sacchetti, alla sua prima collaborazione con Bava. Dopo litigi e il licenziamento di Barberi, Sacchetti si ritirò, e la sceneggiatura venne riscritta da Bava con altri quattro sceneggiatori: Filippo Ottoni, Joseph McLee, Sergio Canevari e Francesco Vanorio (questi ultimi due non accreditati). Il risultato è un meccanismo a orologeria, dove ogni personaggio è ridotto a funzione narrativa: pedine ineluttabili nella spirale di sangue.
Il cast vede nomi di rilievo come Isa Miranda (Federica Donati), Luigi Pistilli, Laura Betti, Claudine Auger e diversi caratteristi del cinema italiano dell’epoca. Le interpretazioni, però, non sono memorabili: il film non vive sulla recitazione e Bava non sembra preoccuparsene. Non c’è un vero protagonista a cui aggrapparsi, nessuna performance che lasci il segno. È una scelta precisa: i personaggi sono sacrificabili, pedine utili solo a far procedere la spirale di sangue.
La lavorazione di Reazione a catena fu segnata da grande libertà creativa e inventiva tecnica. Le riprese si svolsero tra Sabaudia e Latina, sfruttando la villa del produttore Giuseppe Zaccariello e gli spazi naturali circostanti per accentuare il senso di isolamento e tensione. Il budget ridotto spinse Bava a soluzioni ingegnose: i movimenti di macchina furono ottenuti con un semplice carretto da bambino, mentre per simulare un bosco bastarono pochi rami mossi davanti alla cinepresa.
Gli effetti speciali furono curati da Carlo Rambaldi — già geniale e riconosciuto prima di E.T. l’extra-terrestre (1982) — che realizzò sequenze di morte realistiche e cruente, tutte eseguite con tecniche pratiche in camera.
Lamberto Bava, agli esordi, collaborò direttamente sul set, ideando e realizzando la scena della morte di Simone (Claudio Volonté), imparando sul campo dai metodi del padre e contribuendo a una sequenza iconica per la sua crudezza e inventiva.
Il film cambiò più volte titolo: in Italia da Antefatto a Ecologia del delitto fino a Reazione a catena, in Spagna divenne Bahia de Sangre, mentre negli Stati Uniti uscì come Twitch of the Death Nerve e A Bay of Blood, con una campagna Hallmark che lo proclamava “il secondo film classificato V per violenza”, causando una disputa con la MPAA. Negli USA fu proiettato a lungo nei drive-in e nei grindhouse insieme a titoli come L’ultima casa a sinistra (1972) di Wes Craven e La bestia uccide a sangue freddo (1971) di Fernando Di Leo.
Il lascito del film è enorme: Venerdì 13 – Parte II (L’assassino ti siede accanto, 1981) riprese quasi scena per scena due omicidi di Bava — la coppia impalata durante l’amplesso e il colpo al volto con la roncola — al punto che si parla apertamente di plagio. L’influenza si estende a The Burning (1981), Just Before Dawn (1981) e agli slasher moderni come Scream e So cosa hai fatto (1997). È citato in Halloween di Carpenter, La casa di Raimi e L’ultimo treno della notte (1975) di Aldo Lado. Per molti critici resta l’opera più influente di Bava, il vero punto di partenza del cinema slasher: Tim Lucas, critico cinematografico statunitense, nel 2000 la definì “la prova schiacciante” dell’origine del fenomeno, mentre IndieWire lo ha inserito al n. 94 nella classifica dei “100 migliori film horror di tutti i tempi”
Reazione a catena è cinema spietato, cinico e rivoluzionario. Bava non punta a raffinatezze narrative né a interpretazioni memorabili: ogni scelta, dalla composizione dell’inquadratura agli omicidi cruenti, serve a raccontare la spirale di violenza e avidità che travolge i personaggi. È il film che rompe con il giallo classico e definisce i canoni dello slasher moderno, lasciando un segno indelebile nella storia dell’horror e influenzando generazioni di registi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta