Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Non è uno dei film più celebrati di Luchino Visconti, ma, comunque, non è certo quel disastro che è stato detto dalla maggior parte della critica soprattutto americana (chi è curioso si vada a vedere le stroncature feroci di Roger Ebert o Vincent Canby). Film troppo lungo, inevitabilmente frammentario, a tratti affascinante e con belle intuizioni visive nonostante la prevalente ambientazione in interni. Helmut Berger è molto bravo nella parte del re Ludwig di Baviera e dimostra la sua maturità di attore soprattutto nelle scene della decadenza di Ludwig, dove certi disturbi mentali e fragilità interiori del sovrano sono esposti con grande sicurezza recitativa, mentre fra i comprimari spicca Romy Schneider che riprende il ruolo che la rese celebre, quello di Elisabetta d'Austria ovvero Sissi; buone anche le prove di Trevor Howard come Richard Wagner e di Silvana Mangano come sua moglie Cosima. La versione integrale di quasi quattro ore restaurata filologicamente secondo il volere del regista non aggiunge molto a quella precedente di circa tre ore, che forse era più snella. Ludwig è l'ultimo film della cosiddetta "Trilogia tedesca" e risulta meno riuscito, in ogni caso, del film che immediatamente lo precede, Morte a Venezia: non c'è più lo straziante coinvolgimento emotivo di quell'opera, anche se un film di questa portata contenutistica e di questi valori figurativi si attesta comunque su una media assolutamente onorevole e la valutazione globale non può non essere ampiamente positiva. Il tema dell'omosessualità del sovrano, che riflette esperienze autobiografiche per il regista, è trattato con molto pudore e senza alcuna concessione sensazionalista. Gli esterni sono girati nei veri luoghi dove si svolse la vita di Ludwig, compresi i castelli da lui fatti edificare, e il film ne trae un indubbio beneficio.
Voto 8/10
Ludwig (1973): Romy Schneider
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