Ce lo ricordiamo tutti, il suo debutto davanti a una macchina da presa d’eccezione: quella di Bernardo Bertolucci, che lo scelse come protagonista maschile per il suo ultimo film, dove Jacopo Olmo Antinori si stringe in una danza di unione e solitudine commentata musicalmente da David Bowie. Quegli occhi spalancati su un mondo ostile, sparuti ma volitivi, segno di uno spirito infine combattivo e di una capacità di tracciare connessioni di sensibilità e umanità profonde con l’altro, sono rimasti il tratto distintivo dell’attore toscano, classe 1997, in curriculum un “repertorio” autoriale (Del Monte, i fratelli Taviani, Carrisi) e una formazione tra Cambridge, Londra, e Roma. Anche nel più recente lavoro per il cinema, Arsa del duo artistico MASBEDO, Antinori si fa largo nel mondo solitario di una fanciulla (collezionista di memorie, ninfa di un’isola...) consegnandosi al suo sguardo con la generosità che gli è propria. Lo abbiamo incontrato.

QUESTIONARIO
- Come è avvenuta la tua educazione alle immagini: guardavi soprattutto la tv, il cinema o le piattaforme?
Sono cresciuto guardando molta televisione. Come molte altre famiglie, la mia aveva una piccola collezione di VHS di classici Disney, alcuni dei quali ho visto e rivisto centinaia di volte durante la mia infanzia. Ero anche molto appassionato di anime, che all’epoca si chiamavano ancora “cartoni animati giapponesi”. Invece il mio rapporto con il cinema era abbastanza freddo. Per carità, venivo portato abbastanza spesso in sala, alcuni film mi piacevano molto (soprattutto Star Wars), ma non si era ancora accesa la scintilla. Da bambino ero molto più interessato ai videogiochi. Ecco, forse sta lì il grosso della mia formazione all’immagine: in quella strana forma ibrida e ludica. Per quanto riguarda le piattaforme... be’, sono arrivate che io avevo già praticamente finito il liceo. Sono cresciuto con altre modalità. - La folgorazione per la recitazione: come è scattata e perché?
È scattata dopo Io e te, il mio primo film. In precedenza avevo fatto delle esperienze – anche importanti, onestamente – tra la televisione e soprattutto il teatro, ma non pensavo a quello dell’attore come a un mestiere interessante da perseguire. Poi, invece, questa carriera mi è stata gettata fra le braccia, forse nell’unico modo in cui non sarei stato capace di dire no, e allora ho capito. Ho scolpito nella memoria un pomeriggio di tarda primavera, in cui uscito dal mio liceo mi sentii dentro il desiderio assoluto di continuare a fare questa cosa. Da quel giorno non ho più mollato quella sensazione.
Io e te (2012) Jacopo Olmo Antinori - Come sei arrivato a fare questo mestiere?
Per puro caso. Le prime cose che ho fatto, prima di diventare un professionista, quando avevo ancora 11-12 anni, sono semplicemente capitate. Amici di famiglia che lavoravano in teatro cercavano un bambino: io avevo l’età giusta, e evidentemente rispondevo bene ai loro stimoli. E poi, quando ne avevo poco meno di 14, un giorno mi hanno dato un volantino. Uscivo da scuola, stavo finendo le medie. Portai il foglio a casa, lo feci vedere a mia madre. Lei era convinta fossi giusto per la parte che cercavano, ma a me non importava nulla. Le dissi che non volevo propormi, ma lei, testarda, lo fece al posto mio. Mi chiamarono per un provino... non ho più smesso. - Quali sono le differenze che hai riscontrato maggiormente fra il set televisivo e quello cinematografico?
Io ho lavorato relativamente poco in televisione, e quando l’ho fatto è quasi sempre stato in serie tv “moderne”, diciamo da piattaforma. Insomma, non ho grande esperienza con il modello della fiction televisiva. Perciò quello che posso dire è relativo e limitato. Sicuramente, però, la serialità impone dei ritmi più serrati, industriali. Si avverte una struttura più regimentata. E questo non è necessariamente un male, anzi a volte semplifica molto il lavoro di un attore. Secondo me, però, la vera differenza non sta nel tipo di prodotto o nelle modalità di lavoro, ma nelle persone. Un set è solo un contenitore pieno di proiettori, stativi, e sandbag. Il lavoro vero è fatto dagli esseri umani: se un set è pieno di persone che lavorano in armonia, che hanno una visione solida e un obiettivo chiaro, e se c’è rispetto reciproco, allora si lavora bene. Altrimenti no.
Zeta (2016) Jacopo Olmo Antinori, Diego Germini, Irene Vetere - Leggi riviste, cartacee e/o online, di critica cinematografica? Ti interessano?
Sono onesto: poco. Qualcosina ogni tanto mi interessa: soprattutto le notizie legate ad aspetti economico-industriali, magari qualcosa riguardo opere in lavorazione o in arrivo. Ammetto di leggere poca critica. Ho sempre guardato moltissime cose, e nel tempo ho sviluppato dei gusti molto precisi: è raro che non sappia già cosa mi interessa o abbia il dovere di vedere. D’altra parte, le discussioni preferisco farle vis-à-vis: quello che mi dispiace sempre un po’ nella critica, è il non poter rispondere o dialogare direttamente con chi scrive. Per tutto il resto, sono convinto che l’opera debba parlare da sé. - Come ti approcci alla storia del cinema? L’hai esplorata da autodidatta o seguendo una logica più accademica?
Un mix delle due. Qualcosina l’ho studiato all’università, ma quando il mio percorso da autodidatta era già iniziato da diversi anni. Sono estremamente curioso con tutto, anche con il cinema: se c’è qualcosa che non conosco, cerco informazioni e un primo approccio. Mi sono sempre dato da fare per costruirmi dei percorsi solidi e approfonditi, sia a livello di Storia che di temi.
Borromini e Bernini. Sfida alla perfezione (2023) Jacopo Olmo Antinori - Come descriveresti il tuo metodo d’attore?
Non ho un metodo rigido, fisso. Ho studiato e provato tante cose diverse, cercando sempre di raccogliere quello che mi era più utile. La mia idea è che gli attori siano persone, ognuna diversa dall’altra, che vivono vite uniche, e che perciò hanno bisogno di cose diverse in momenti diversi. Ci sono stati periodi in cui ho sentito il bisogno di lavorare più su alcuni aspetti, altri invece in cui avevo bisogno dell’opposto. Poi è chiaro, ci sono approcci che in generale preferisco rispetto ad altri. Ma non penso che il Sacro Graal esista. - Dimmi tre registi senza i quali non puoi vivere e tre interpreti che ti hanno formato.
Registi: Bernardo Bertolucci, Takeshi Kitano, Hou Hsiao-hsien. I tre interpreti invece sono per me le grandi star Americane degli anni della mia infanzia, che hanno questa specie di statura mitica nella mia psiche: Christian Bale, Leonardo DiCaprio e soprattutto Brad Pitt.
Weekend (2020) Jacopo Olmo Antinori - Condividi un ricordo da un set che hai particolarmente a cuore.
Ce ne sono fortunatamente tanti, ma fermandomi a riflettere mi rendo conto che ognuno di essi è legato alla sensazione di essere parte di qualcosa di più grande, di una comunità. Cito quindi l’ultimo: sul set di Arsa, alla fine del 2023, abbiamo girato un paio di notti su una barca al largo di Stromboli. Ricordo con affetto il ritorno verso il porto, con mezza troupe su un gommone, a notte fonda. Eravamo tutti in silenzio, immersi nel suono dell’acqua sotto di noi e la luce delle stelle sopra le nostre teste. E però sentivo che eravamo come un corpo unico, condividevamo quel momento e quel Viaggio come una mente sola. Questi episodi per me sono speciali perché accadono per un istante, e poi svaniscono nel nulla. Le troupe sono come delle minuscole Nazioni che durano al più qualche settimana: per un periodo brevissimo si condivide un destino comune, e poi quella cosa svanisce nel nulla. - Qual è il tuo film della vita, il primo a cui pensi con affetto?
Piccolo Buddha di Bertolucci. È un film con cui sento un fortissimo legame personale, dato da motivi per così dire autobiografici. Il film racconta la storia un monaco buddista Tibetano, Lama Norbu, che fa un viaggio in America alla ricerca della reincarnazione del suo defunto maestro. Alcuni segni sembrano puntare a questo bambino di Seattle, Jesse. Quando poi, alla fine del film, viene confermato che proprio lui (insieme ad altri due bambini) è effettivamente la reincarnazione del vecchio maestro, Lama Norbu dice al bambino: “Sono così felice di averti ritrovato! Spero che tu un giorno troverai me”. Io pratico il buddismo più o meno dal periodo in cui ho iniziato a fare l’attore. Nel buddismo il rapporto fra maestro e discepolo è di fondamentale importanza, al punto da essere considerato un legame eterno, che trascende tempo e spazio. Allo stesso tempo, io ho sempre sentito che il mestiere dell’attore e in particolare il Cinema mi abbiano trovato, che in un certo senso Bertolucci sia stato il mio Lama Norbu, che è venuto a cercarmi per donarmi questo sogno. Di conseguenza ho sempre sentito un forte senso di identificazione con il bambino del film, e nel tempo ho deciso che la mia missione sarebbe stata quella di portare avanti il lavoro: che avrei contribuito a far vivere e prosperare il Cinema, e che un giorno, alla fine della mia carriera, avrei trovato anche io qualcuno a cui passare il testimone – qualcuno a cui far ereditare il sogno.
Filmografia ragionata & commentata
Arsa
Drammatico - Italia 2024 - durata 94’
Regia: Masbedo
Con Gala Zohar Martinucci, Jacopo Olmo Antinori, Tommaso Ragno, Lino Musella, Luca Chikovani, Giovanni Cannata
Al cinema: Uscita in Italia il 24/04/2025
in streaming: su Amazon Video Apple TV
Il vento soffia dove vuole
Drammatico - Italia 2023 - durata 108’
Regia: Marco Righi
Con Jacopo Olmo Antinori, Fiorenzo Mattu, Yile Yara Vianello, Gaja Masciale, Andrea Bruschi, Fausto Paravidino
Al cinema: Uscita in Italia il 29/02/2024
in streaming: su Prime Video Amazon Video
Weekend
Thriller - Italia, Albania 2020 - durata 90’
Regia: Riccardo Grandi
Con Alessio Lapice, Eugenio Franceschini, Jacopo Olmo Antinori, Filippo Scicchitano, Lorenzo Zurzolo, Greta Ferro
in streaming: su Prime Video
Io e te
Drammatico - Italia 2012 - durata 97’
Regia: Bernardo Bertolucci
Con Tea Falco, Jacopo Olmo Antinori, Sonia Bergamasco, Pippo Delbono, Veronica Lazar, Tommaso Ragno
Al cinema: Uscita in Italia il 25/10/2012
in streaming: su CineAutore Amazon Channel Apple TV Amazon Video Rakuten TV