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Parks and Recreation

7 stagioni - 125 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su Parks and Recreation

di shadgie
7 stelle

L'ascesa personale e politica di una donna idealista nella pubblica amministrazione USA

Nel 2009 la nota comica Amy Poehler, spesso al fianco della talentuosa Tina Fey e raramente ospite del suo show 30 rock, decide di ritagliarsi un suo spazio televisivo con una comedy atipica, molto simile nell'impianto a 30 rock stesso.

 

Ancora una volta la protagonista è una donna, agli antipodi rispetto alle classiche eroine della serialità di quegli (e di questi) anni per via di uno sguardo sul mondo contraddistinto da una malcelata stranezza, un'attitudine che forse oltreoceano verrebbe etichettata come awkwardness , ovvero quel misto tra inibizione e follia già presente nella Liz Lemon della già citata serie. E così la Poehler inventa Leslie Knope, ancora una volta segnata da un nome che si presta a facili fraintendimenti, ancora una volta un pesce fuor d'acqua in un ambiente lavorativo forse mai esplorato dalla televisione americana: il cosiddetto "settore pubblico".

 

Come in molte serie apparse alla fine dello scorso decennio Parks and Recreation ricorre agli stilemi del mockumentary e della falsa intervista, limitando però quel senso di claustrofobia e di girandola infernale presente in altre serie "al chiuso": pensiamo a The Office, altra serie "impiegatizia" dominata dalle tonalità scure e dai bruschi movimenti di macchina, qui fortemente ridimensionati. Leslie, pur già abbastanza matura ed affermata, spalanca i suoi occhioni ancora ingenui sulla progettualità asfittica del Dipartimento Parchi di una piccola cittadina dell'Indiana, la fittizia Pawnee (sì, si legge Pony. E non è un caso). Non riesce a capacitarsi di come i suoi colleghi, sottoposti e superiori che siano, provino avversione e indifferenza verso la suo propositività, il profluvio di idee vulcaniche su come migliorare i parchi di Pawnee e la città stessa, l'ottimismo incrollabile che sembra non conoscere ostacoli.

 

Ad affiancarla ed a pungolarla un manipolo di personaggi e collaboratori, tra i quali ricordiamo: il rigoroso e iperbolicamente mascolino Ron Swanson, il suo capo, così "americano" da detestare la pubblica amministrazione (in cui opera) in quanto limitazione alla libertà personale; la nuova amica Ann, graziosa e dimessa, incontrata in circostanze bizzarre e presto contraltare della protagonista; il di lei fidanzato (per poco) Andy, bambinone infortunatosi negli scavi infiniti del lotto di un parco; dalla terza serie l'ipersalutista ed ottimista Chris, interpretato dal "macho" anni '90 Rob Lowe.

 

 

Ognuno è esteticamente contraddistinto da un "marchio", pressochè immutabile pur nell'evoluzione delle stagioni: i baffi a serramanico di Ron, i capelli biondi di Leslie, l'epressione sorniona di Tom, esagitato e aspirante imprenditore, oppure lo sguardo obliquo e straniato della stagista April,una sorta di nemesi sotterranea della stessa Leslie e simbolo del disincanto delle nuove generazioni, in cui stralci di ribellione emergono dalla maschera di apatia imposta dalla precarietà.

 

 

Picchi demenziali e vagamente surreali appartengonio al già citato Tom ed ad Andy, musicista - tuttofare e lustrascarpe sempre più importante nella storia, al quale si deve anche il pezzo più riconocibile della colonna sonora originale: una canzone sul "piccolo Sebastian", anziano cavallino simbolo della città.

 

Le stagioni seguono l'ascesa di Leslie, rimarcando le sue difficoltà in quanto donna e soffermandosi, come era inevitabile, sulla sua tragicomica vita amorosa che però già alla terza stagione subisce una svolta grazie all'incontro con Ben, contabile dall'anima nerd.

L'atteggiamento delle persone intorno alla donna, inizialmente ostile e velato da un sottile scherno, sottende in realtà comprensione ed ammirazione da parte di chiunque la incontri, nell'aderenza ad un'idea di realtà forse permeata dal desiderio di cambiamento degli albori dell'era Obama. Tuttavia si avverte sempre la presenza di una vena di satira rivolta alla società americana, alla ferocia degli iper-capitalisti, all'"orgoglio obeso", al pressapochismo del potere, alla scarsa fiducia nei confronti delle istituzioni che non sospettavamo potesse essere così vicina alla nostra.

 

Dal conflitto con "il male" emergono ancora una volta gli eccessi superomistici di Leslie che non disdegna di mostrare al pubblico anche la parte più tagliente e agguerrita di sè, non esente da meschinità. Tesa ad essere perfetta in un "mondo di uomini", Leslie esibisce goffagine ed una personalità ansiogena, e inoltre la vediamo deridere insieme ai suoi colleghi l'ancor più goffo Jerry, bistrattato da tutti per il suo aspetto e i distrurbi legati all'età eppure possessore di inaspettate risorse (mai riconosciute). Lo stratagemma, sospeso tra comicità e sgradevolezza, appare in realtà funzionale a stemperare il clima conviviale e la sottotraccia "buonista" di Parks, che non si nega un finale zuccheroso e risolutore in cui irrompe nuovamente, e con inspetrata forza, la rincorsa al sogno americano.

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