Regia di Mario Landi vedi scheda film
Molto migliore di quello che se ne è sempre scritto e, probabilmente, pensato (senza cioè averlo visto nella sua forma integrale). E, in ogni caso, avanti anni luce rispetto alla produzione media italiana avviata dopo la famigerata legge che ha decretato (solo nelle intenzioni, ottenendo l'effetto opposto) "l'abolizione della censura".
Giallo a Venezia (1979): locandina
Bistrattato, considerato uno tra i peggiori esemplari del filone italiano à la Dario Argento, Giallo a Venezia dopo un incipit alquanto surreale (colonna sonora da commedia sexy, dialoghi e interpretazioni al limite del grottesco soprattutto da parte di Jeff Blynn, commissario dalla battutaccia infelice con look stile Maurizio Merli) prende decisamente quota, offrendo un tipo di intrattenimento che all'epoca era molto richiesto e che le produzioni cinematografiche potevano offrire (oggi, impensabile solo proporlo e, oseremmo dire, pensarlo): sex & violence a dosi sostenute, per non dire massicce. Il parco attori non brilla, per assenza di vere star, ma i caratteristi chiamati in causa pongono rimedio con professionalità e discreta presenza scenica. Così Gianni Dei (l'anno seguente, 1980, killer comatoso di nome Patrick nell'apocrifo sempre prodotto da Crisanti e diretto da Mario Landi) vien proposto in un ruolo che ricalca quello di Carlo (George Eastman) in Emanuelle e Françoise - Le sorelline, mentre tocca ad Eleonora Fani la parte di compagna sacrificata che già, nel citato film massaccesiano, fu della Gori. L'indimenticabile Joe D'Amato, che al posto di Landi avrebbe certamente diretto con risultato più efficace, vien tirato in causa durante una morbosa sequenza - protagonisti Dei e la Fani - ambientata all'interno di un cinema (comprensi pochi secondi "rinforzati" in stile hard, girati per i mercati esteri) quando sottofondo si può udire la colonna sonora presente in una delle pellicole del ciclo di Emanuelle. Curiosi poi, i corsi e ricorsi tematici nel genere: Lucio Fulci, in quel capolavoro di brivido, tensione e nichilismo che è Lo squartatore di New York (1982), proporrà una sequenza simile, all'interno di un peep-show, protagonista Alexandra Delli Colli.
Giallo a Venezia (1979): scena
Per restare in tema, ovvero concentrati sul cast artistico, non si può non segnalare la presenza di Eolo Capritti (negli improbabili panni del brigadiere Maestrin), eccentrico caratterista spesso utilizzato come parodia del Duce in una discreta serie di commedie sexy (in particolare ne I sette magnifici cornuti e ne La cameriera nera) nonché, ovviamente, quella di Mariangela Giordano, "scream queen" nei più truci e oltraggiosi horror tricolore (e non solo, essendo presente anche in alcune pellicole iberiche, tra le quali Killer Barbys di Jesús Franco). Alla Giordano tocca qui una delle più terribili, inguardabili e oggi a dir poco improponibili (nelle pellicole di casa nostra) aggressioni mortali. Landi, al di là del poco che offre la produzione, ha dimestichezza con il set e dirige con attenzione, permettendosi pure inquadrature e movimenti di macchina che avvalorano l'effetto cinematografico. Passati i primi (e peggiori) venti minuti il film recupera gradualmente sia da un punto di vista narrativo (davvero notevole, al di là di tutto, lo script di Aldo Serio), sia per messa in scena, recitazione, doppiaggio (il commissario ha la voce di Romano Malaspina, celebre alter ego vocale di Actarus, protagonista della serie d'animazione giapponese Atlas Ufo Robot) e morbosità del killer. Killer (Michele Renzullo) che è il vero punto debole del film per mancata presenza scenica e pessima interpretazione. Con il passare degli anni, Giallo a Venezia è destinato a un graduale recupero da parte della critica: lontano dal capolavoro, per carità, ma nemmeno così pessimo come lo si vuol far passare; basta confrontarlo con la frustrante media della produzione nostrana degli ultimi trent'anni e nello specifico con quella più recente, ovvero libera dal vincolo della censura ma di fatto priva(ta) di idee, senza più eccessi, soffocata da una forma di autocontrollo che impone vèto assoluto (da parte degli stessi finanziatori) sui termini espressivi, sull'esposizione epidermica (ovvero sul nudo femminile) e, nemmeno a dirsi, sulla violenza simulata di fronte a una macchina da presa.
Giallo a Venezia (1979): scena
"Lo ripeto: Venezia soffre soprattutto delle conseguenze di una cultura che tende ad estrapolarla, a farne qualcosa che non appartiene più alla vita, ma soltanto ai sogni dei poeti (dei cattivi poeti, tuttavia, giacché i poeti veri hanno, e come!, il senso del rapporto tra l'arte e la vita)".
(Giorgio Bassani)
Giallo a Venezia (1979): scena
F.P. 07/06/2025 - Versione (uncut) visionata in lingua italiana (durata: 98'45")
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