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Scarpette rosse

Regia di Michael Powell, Emeric Pressburger vedi scheda film

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La recensione su Scarpette rosse

di Antisistema
10 stelle

Se “Duello a Berlino” (1943) è il film preferito di Emeric Pressburger, mentre “Scala al Paradiso” (1946) è l’opera più gradita a Michael Powell, sarà “Scarpette Rosse” (1948) ad imprimersi nella memoria del pubblico, influenzando al contempo svariati registi come Minnelli, De Palma e Scorsese. Opera cardine della filmografia del duo, la narrazione si svincola da ogni artifizio delle regole della buona scrittura, dando pieno sfogo al gusto per il romanzesco, il kitsch, l’estro visivo e la sperimentazione estetica.  L’assunto base è un delirio incapace a reggersi su qualsiasi pretesa di realismo della messa in scena, in quanto ci si domanda cosa sia l’arte e soprattutto se per essa si possa arrivare addirittura a morire.
Eppure lo spettacolo regge, perchè Powell&Pressburger abbracciano appieno il gusto per l’eccesso e la stravaganza, sottesa allo “spirito” dell’omonima fiaba di Hans Christian Andersen, da cui - seppur alla larga - traggono spunto. Fondamentale risulta la scelta di una ballerina, che sappia recitare e non un’attrice a cui insegnare danza, per poi “doppiarla” con una professionista. Quest'ultima via sarebbe facile, ma comporterebbe scelte tecniche atte a “mascherare” l’inganno. Cosa improponibile, in quanto “Scarpette Rosse” non è un’opera che conosce compromessi. L’ingaggio di Moira Shaerer, infonde concretezza tangibile ai movimenti della danza, nella cui sublimazione spinge il corpo fisico oltre i limiti del consentito. Il balletto và oltre ogni “poesia del movimento”, in quanto per l’impresario Boris Lermontov (Anton Walbrook) è pura “religione”. Un esercizio di fede, verso un’ideale di perfezione estetica, inaccessibile a chiunque non vi si consacri, divenendo un titano in grado di rinunciare alla componente umana. È il trionfo dell’immateriale. Quella musica composta e fatta eseguire da Julian Craster (Marius Goering), secondo precisi tempi da seguire in una precisa scansione. Pressburger prosegue il processo di astrazione della sua scrittura, cominciato con “Narciso Nero” (1947), ragionando per archetipi narrativi ed assonanze di stati d’animo. Il dietro le quinte prima dello spettacolo, descritto con estrema dovizia di particolari, in cui ogni piccolo problema diventa un qualcosa di gigantesco amplificato dalla tensione. Lermontov risolve tutto con sagacia ed estrema freddezza, per poi eclissarsi lasciando spazio alle note dell’orchestra, unica guida nella scansione dei passi di danza da eseguire da parte di Vicky Page.
I 18 minuti del balletto “Scarpette Rosse”, rompono con ogni concezione statica di teatro quanto di coreografia continua, plasmando una sarabanda anti-naturalistica di luci taglienti senza fonte di origine, scenografie materializzate secondo le sensazioni del momento e slanci visionari - le onde furiose del mare materializzatasi al posto della platea.

 

Moira Shearer

Scarpette rosse (1948): Moira Shearer

 

Jack Cardiff nuovamente alla fotografia, rende la danza un allucinato viaggio onirico pregno di stimoli visivi ed invenzioni estetiche, portando all’estremo il ballo senza sosta di una protagonista, divenuta una novella “Alice nel Paese delle Meraviglie”, muovendosi attraverso un subconscio di luoghi senza forme e confini.
Il palcoscenico dissolve sé stesso per lasciare spazio agli effetti tecnici del cinema, beccandosi i rimbrotti di molti critici dell’epoca con l’accusa di portare avanti sprazzi di formalismo visionario, senza una solida base in grado di giustificarla né tantomeno realismo nel rappresentare la verità dell’arte del balletto.
Eppure le sensazioni scaturite attraverso la musica, passando per i sensi di Vicky Paige, creano squarci di mondi fantastici, in cui si innestano conflitti in grado di preannunciare passioni laceranti, tra due scelte impossibili.
L’arte (Boris Lermontov) o l’amore (Julian Craster). La carriera o la famiglia. Ritorna la figura geometrica del triangolo ancora una volta, ma in una chiave decisamente “tossica”. L’impresario, chiaramente disturbato nei suoi rapporti con il prossimo, ammanta i propri sentimenti con una gelosia ossessiva e complesse sovrastrutture sulla disciplina del balletto. Alienato in un’idea di arte tanto ottusa quanto elitaria, nella sua concezione di perfezione, vorrebbe elidere ogni componente “umana”, escluso lui ovviamente. Il giovane direttore d’orchestra si dimostra più positivo, ma conforme alla visione maschile della sua epoca. Una carriera per lui è sempre possibile proseguirla da coniugato, mentre la moglie a malincuore abbandona il suo primo e vero “amore” nel cassetto della propria camera da letto.
Il contrasto tra arte e vita - tema principale dell’opera come dichiarato da Powell&Pressburger -, non conosce mediazioni di sorta. Ma il salto dal balcone verso il vuoto, che renderà Vicky Page una novella Anna Karenina del ‘900, non origina solo conflitto. La donna sembra venir spinta al tragico epilogo, da due personalità forti quanto decise, che dicono di amarla - anche se Lermontov fino all’ultimo ostinatamente si nasconde dietro il paravento del balletto -, ma in realtà lottano spietatamente per il loro ruolo di “Pigmalione” unico.
Dominarla e plasmarla in una precisa forma. Di certo non sostenerla nonostante la manifesta fragilità.
La non scelta, porta alla sovrapposizione della realtà empirica con l’opera lirica del palcoscenico, la cui musica fa esplodere l’insanabile contrapposizione interna, portando Vicky ad essere, in un logica “Stanislavskijana”, il suo personaggio nello spettacolo, condividendone il medesimo fato.
Alla domanda dell’impresario “Perché vuole danzare, Miss Page?”. La ballerina risponde “Perché lei vuole vivere Mr. Lermontov?”. Non c’è soluzione da parte dei due registi all’ambiguità, di un quesito a cui se ne replica con uno ulteriore. Si danza come si vive, perché si deve. In questo il destino di morte già è prefigurato dal principio, seguendo semplicemente la strada tracciata.

 

scena

Scarpette rosse (1948): scena



Film aggiunto alla playlist dei capolavori del cinema: //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

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