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Ipcress

Regia di Sidney J. Furie vedi scheda film

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La recensione su Ipcress

di Baliverna
9 stelle

Ottimo film di spionaggio inglese, non noto come si meriterebbe di essere.

 

Questo è, secondo me, uno dei migliori film di spionaggio in assoluto, e per vari motivi.

Uno di questi è certamente la tecnica cinematografica del regista Sidney Furie, il quale dirige con inventiva e precisione, dimostrando consapevolezza e conoscenza delle tecniche e delle potenzialità del cinema. Le inquadrature sono attentamente studiate, posizionando a dovere il suo obiettivo di formato 2:35, e pure la posizione della macchina da presa è tutt'altro che accessoria o banale. Il regista ama le inquadrature dall'alto al basso – più o meno dall'altezza di un metro. Esse hanno un effetto suggestivo, e s'impongono sullo spettatore, creando anche un senso di incombenza degli eventi e di tensione. Questa tecnica me la ricordo usata da Delmer Daves in “Quel treno per Yuma” (1957), con effetti straordinari, anche se non posso giurare che egli sia stato il primo a farne uso. Furie piazza pure, ogni tanto, un'inquadratura obliqua, il che conferisce alla pellicola lievi accenti espressionistici. La sua inventiva tecnica ricorda un po' quella che fu di Orson Welles nel celeberrimo “Quarto potere”.

Un altro pregio di questa pellicola è la dimensione e le caratteristiche dei personaggi. Non vi sono eroi,né superuomini, a cominciare dal protagonista, il quale prende cantonate e granchi, scontando forse, in tal modo, la sua sicumera e la sua leggera spavalderia. Dall'altro canto, tuttavia, la sua resistenza e determinazione alla fine lo toglieranno dai pasticci. Quanto agli altri personaggi, ve ne sono di più bravi di lui, per così dire, anche se gravati da motivazioni ignobili, egoismo, o doppiezza.

Anche il ritratto d'ambiente è degno di nota. Il bosco dei servizi segreti britannici viene sfrondato di ogni retorica e patriottismo, apparendo come un luogo di potere gelido e macchinoso, il cui interno è innervato da tensioni e rivalità di ogni tipo. Oltre a ciò non vige un particolare senso di cameratismo e fedeltà reciproca. Per questo, i nemici veri, quelli che fanno il doppio gioco, sono appena un gradino sotto agli altri agenti, ma non di più.

Tutto sommato, un quadro del genere appare assai più realistico della mitizzazione che troviamo in molti altri film spionistici. È vero che è un piacere vedere certe pellicole di 007, ma mi sembra che questa sia assai più realistica di quelle (per questo io preferisco quelle ironiche di Roger Moore...)

Il confronto delle due parti in competizione (l'altra è lo spionaggio albanese) viene presentato in modo distaccato e quasi imparziale. Il tradimento rimane tradimento, ma i metodi che usano i servizi segreti sono similmente cinici e spregiudicati indipendentemente dal paese. Ovviamente, nel guazzabuglio di spie si immischia anche la CIA, la quale viene presentata senza alcuna riverenza o fratellanza, di quelle che di solito sono figlie delle esigenze diplomatiche tra i due Paesi.

Sullo sfondo vediamo una Londra grigia e non turistica, a volte inospitale, anche se ancora tradizionale e molto lontana da quella odierna.

Nella sequenza del colloquio al supermercato si può assaggiare del lieve, sottile umorismo britannico, che non stona affatto nel film. Esso può servire da purga per oggi, quando quasi sempre si predilige la comicità sguaiata e grossolana.

Una nota positiva va anche alle musiche, tese e misteriose, che aggiungono un di più all'azione, specie nella prima parte.

Michael Caine è bravo (sta anche meglio coi capelli corti) e rimarrà legato al genere spionistico per tutta la sua carriera; non so neanche spiegare perché, ma era indiscutibilmente molto tagliato per il genere. E la sua interpretazione flemmatica, contenuta, leggermente beffarda, dove le tensioni scorrono sotto la superficie del volto, è ottima.

 

 

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