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Barrio Triste

Regia di Stillz vedi scheda film

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La recensione su Barrio Triste

di EightAndHalf
4 stelle

Un gruppo di teppisti sudamericani rubano la cinepresa di un operatore televisivo e la cominciano a utilizzare per documentare i loro furti e i loro vagabondaggi in giro per un barrio, un quartiere periferico disastrato in cui la sporcizia si confonde con le apparizioni visionarie. Mentre la musica di EDGLRD distende un tappeto sonoro prolungato (a volte dronante a volte ritmico), rendendo tutto come il lungo videoclip di un album, le immagini di Stillz ritornano alla grana digitale delle handycam degli Anni Novanta, in un progetto che può sembrare sul pezzo nel contemporaneo solo se non si conoscono Harmony Korine (produttore esecutivo qui, ed è anche chiaro, è un film-emulo di Trash Humpers) e Eduardo Williams (tanti personaggi differenti che convergono in un evento soprannaturale). Al vagabondaggio si oppongono e si alternano delle interviste ai protagonisti, che confessano le loro paure, i loro sogni, le loro speranze mal riposte, come in un Larry Clark meno pruriginoso e più compassionevole. E come se non bastasse, Barrio Triste è anche un saccheggio di tanto found footage horror che i canali ufficiali del cinema contemporaneo hanno colpevolmente trascurato e che continuano, con riconferme come Barrio Triste, a fare scuola underground di cinema sperimentale: The Lift di Brady Starr, June 9 di T. Michael Conway, Sorgoi Prakov, my

European Dream di Rafael Cherkaski, Suicide di Raoul W. Hemrich e Yvenne Wunschel, Zero Day di Ben Coccio, Cho akunin di Koji Shiraishi, e tanti altri i titoli che qui fanno capolino in un modo o nell'altro, senza che il riciclo si metta effettivamente in dialogo con tali precedenti, limitandosi a ricollocarli in una narrazione trasognata di pietismo e commiserazione colonialista. Un film vecchio, troppo derivativo per poter essere apprezzato anche nelle sue "passeggiate" più suggestive fra paesaggi cadaverici e visioni demoniache: non serve a nulla, e anzi, la sua selezione a Venezia Orizzonti pare una drammatica riconferma che servono questo tipo di legittimità per tracciare il confine fra cinema di serie A e cinema di serie B, senza contare che la serie A è sempre bravissima a sfruttare illecitamente la serie B. Questo è triste, altro che barrio.

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