Trama
Il film Love Me Tender racconta la storia di Clémence, una madre che non ha più un figlio. Da quando il tribunale le ha sottratto la custodia dopo aver confessato all’ex marito di amare le donne, vive sola, scrive, nuota, e si aggrappa a una quotidianità rigida e misurata. Love Me Tender racconta il suo percorso di sottrazione e ricostruzione, tra assenze che diventano assolute e un amore che continua a esistere anche quando non ha più un destinatario.
Presentato a Cannes 2025 nella sezione Un Certain Regard, Love Me Tender è un film sulla maternità che rifiuta le convenzioni, sull’amore che resta, e sul coraggio di vivere senza rinunciare a se stessi. Con il film Love Me Tender, Anna Cazenave Cambet affronta un tema ancora tabù: cosa succede quando una madre decide di non sacrificarsi a ogni costo per un figlio? E se quella scelta, più che un atto d’abbandono, fosse un’estrema forma di coerenza, di resistenza?
Tratto dal romanzo omonimo di Constance Debré, il film Love Me Tender segue la protagonista Clémence in un percorso interiore radicale e spesso respingente, ma che proprio in questa durezza trova la sua forza politica ed emotiva. Cambet non cerca di rendere la sua eroina "piacevole" o "comprensibile", ma ne rivendica la complessità. Clémence, interpretata con rigore da Vicky Krieps, è inquadrata come un cowboy solitario, mai addolcita né compiacente, sempre attraversata da una tensione trattenuta.
Il film Love Me Tender evita ogni sentimentalismo: la scrittura, l’autodisciplina, il corpo, il tempo… tutto diventa forma di resistenza. Attraverso un’estetica essenziale e un uso calibrato della voce fuori campo, la regista costruisce un racconto intimo e vibrante, dove l’amore si misura con l’assenza, e la maternità diventa anche una questione di identità, di libertà, e perfino di sopravvivenza.
Love Me Tender è un film sull’amore, ma soprattutto sulla perdita e su ciò che resta. Attraverso la figura di Clémence, madre, scrittrice e donna che rifiuta di piegarsi ai ruoli imposti, il film interroga il significato della genitorialità, della responsabilità e della libertà.
In un racconto che mescola autofinzione e realismo, il dolore della separazione si intreccia con il desiderio di autodeterminazione, mentre la città, Parigi, diventa lo sfondo di un’esistenza disciplinata e silenziosa. Il tempo, scandito dalle stagioni e dai rituali quotidiani, dilata il senso dell’attesa e rivela la fatica del distacco. È anche una riflessione sulla giustizia, sul potere normativo delle istituzioni e sul diritto, spesso negato, di una donna a scegliere chi essere, anche a costo di perdere tutto.
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