Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
Pasticcio posticcio.
Pasticcio posticcio.
Un filmaccio esangue e visivamente piatto, emotivamente catatonico. Sconclusionato nell'azione, sonnolento nell'introspezione.
Il Prometeo che una volta fu moderno ora è invecchiato male, le mostruosità umane l'hanno superato abbondantemente e come un vecchio playboy di provincia, attempato e stanco che cerca di riciclarsi puntando sull'estetica sghemba fatta di tupé, camicie sgargianti e dopobarba da prezzo, il Frankestein di Del Toro affonda nella melmosa estetica farlocca dei render da videogiochi cercando disperatamente il consenso più generico e generale possibile.
Non c'è passione, non si avverte dolore, odore di corpi. Tutto suona falso come una moneta da 3 euro e a questa storia finto gotica non ci si crede neppure per un secondo.
L'indecente, invasivo utilizzo della CGI di infimo livello sovrasta tutto il film cercando con lo stupore di nascondere i difetti di caratterizzazione dei personaggi e recitazione degli attori, fuori parte e in overacting permanente.
Mia Goth a parte che ha sempre una presenza obliqua, ambigua che ben si adatterebbe ad una storia del genere, se fosse supportata meglio.
Un non-film questo Frankenstein, con protagonista un non-Mostro (non produce emozione alcuna la Creatura di Jacob Elordi ma non è colpa sua), diretto da un non-regista che ormai ha abbracciato con indolenza la via artistica del posticcio artistico seguendo ottusamente la linea già tracciata in precedenza con i dimenticabili Crimson Peak e La fiera delle illusioni.
Peccato per Del Toro, un talento visionario che si accontenta del visivo.
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