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Superman

Regia di James Gunn vedi scheda film

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La recensione su Superman

di Antisistema
5 stelle

All'interno dei "Pensieri", l'imperatore Marco Aurelio, rinuncia a ogni teorizzazione sulla definizione cosa significhi essere buono, esortando il lettore ad esserlo nella pratica. Il rifiuto dell'astrazione, a favore della concreta pratica dell'agire. Si deve partire dal vissuto quotidiano, per il tramite di azioni che potranno condurre l'individuo a essere un "uomo buono".
James Gunn nella dialettica Loise Lane (Rachel Brosnahan)/Superman (David Corenswet), gioca attraverso un meccanismo "screwball" dell'intervista, la dualità di due possibili sentieri percorribili.
Teoria e pratica. Uomo e alieno. Definire e agire. E' giusto che un metaumano dai poteri quasi divini, si arroghi il diritto di agire al di sopra di ogni legge per risolvere i problemi del mondo secondo la sua logica? Gli umani s'interrogano ponendo dubbi, confini legislativi oltre che fisici. Superman/Clark Kent con candida emotività afferma, di aver fermato altri morti e massacri.
James Gunn spoglia il kryptoniano di ogni aura divina, restituendocelo sin da subito nella sua vulnerabilità fisica - il sangue dalla bocca e le ossa fratturate colorano il bianco candido di un essere percepito dal pubblico da sempre come "perfetto" -.
I critici del personaggio, vengono immediatamente sorpassati a destra, dalla scelta di far passare la ricerca dell'umanità di Superman, attraverso la difficoltà negli scontri fisici e non nell'esplorazione della figura di Clark Kent - di fatto accantonato - in rapporto con gli altri.
L'umanesimo tanto celebrato nelle recensioni, passa attraverso sbatacchiamenti e colpi pesanti, incidendosi nelle pieghe del viso scavate dal dolore per ciò che il corpo è tossico. La kryptonite è l'elemento con cui si lavora di mera superficie, senza andare nel profondo dello stato d'animo. "Superman" di James Gunn (2025), infarcisce la storia di numerosi personaggi (ma incredibilmente povero di scenografie ridotte solo a quattro - Metropolis, Antartide, Boravia e Universo Tasca -), senza far interagire come si deve tali figure.
La figura di "Superman" è data per scontata, in quanto personaggio della cultura popolare. La cifra del tre alla rovescia nelle didascalie iniziali, proiettano lo spettatore in medias res, de-privando della conoscenza pregressa del protagonista.
Espediente che potrebbe starci, ma Gunn commette l'errore di abdicare al senso di genuina meraviglia proprio del cinema. Lo spettatore cinematografico viene assimilato al punto di vista dei cittadini della cornice narrativa in cui è ambientata l'opera - di cui sembra fregare ben poco di fuggire via innanzi a distruzioni in larga scala -. Via ogni genuino stupore innanzi alla figura di Superman. Infondo se i metaumani da tre secoli sono sul pianeta Terra, oramai sono un elemento "ordinario", così come per gli spettatori in sala oramai assuefatti ad ogni tipo di supereroe possibile al cinema negli ultimi 25 anni.
Uno vale l'altro. Eppure Superman creato nel 1938, viene ricondotto ad un'ordinarietà che secondo Gunn dovrebbe facilitarne l'assimilazione visiva ad un "uomo con superpoteri" e invece finisce con l'appiattirlo, alla massa indistinta di personaggi con calzamaglia transitati sul grande schermo. 

La fotografia di Henry Braham omologa il tono narrativo a quello estetico, scegliendo colori luminosi e neutri come il bianco, in grado di avvolgere l'esistente, in una tavolozza incapace di assumere un disegno preciso sul personaggio.

 

David Corenswet

Superman (2025): David Corenswet


L'umanità di Superman si concretizza tra cazzotti dati o subiti e salvataggi intrisi alla lunga di un buonismo sciattamente parodista - persino uno scoiattolo riceve le attenzioni del supereroe, che ci tiene a far capire di essere veramente un buono da zero vittime -. La messa in scena cartonesca - di matrice "Troma" visti i trascorsi di Gunn, ma mancante di scorrettezza visiva -, aggiunge banale solarità al personaggio, in un infantilismo di grana grossa, capace di annichilire l'ingenuità  idealistica. Gli scontri non raggiungono mai la gravitas necessaria, così come le minacce non prendono mai nel profondo lo spettatore, perché la dimensione del gioco leggero caricaturale, omologa qualsiasi emozione più stratificata. Tutto viene confinato in un'esperienza cinematografica, all'insegna di un divertimento banalotto dall'epica banale.
Accadono fatti, che in assenza di involucro emotivo di chi li compie restano azioni che portano il film a svilupparsi in un rapporto causa effetto, senza alcun umanesimo. 

Supereroi che vanno e che vengono, in una grande ammucchiata figurativa senza scopo e senza costrutto; Mr Terrific dirige le operazioni con grugno serioso, Guy Gardner cazzeggia (Nathan Fillon, quantomeno diverte e in parte), Hawkgirl urla, Ultramen spacca di brutto ed Engineer plasma il suo corpo in nanomacchine. Da contorno non può mancare l'ingombrante cane Krypto, dispensatore di varie gag riuscite, ma alla lunga reiterate nell'annichilire una sana dialettica. Si aggiungono temi su temi: il rapporto genitori/figli (infimi mamma e papà Kent), la società dell'immagine a scapito dell’essere, il concetto di buono, l'imperfezione dell'essere umano, il fine ultimo dell’agire, senza mai trovare un’architrave capace di sostenere tale ambizione. Gunn avendoci preso gusto dopo il discreto "Suicide Squad - Missione Suicida" (2021), va giù con la politica nelle opere di supereroi, ma questa volta la ciambella è senza buco.
Il Rated-R mancante e un approccio troppo ridicolo del presidente della Boravia, non gli consentono di compiere un riuscito parallelismo con la realtà. Poco importa identificare con precisione il conflitto di riferimento - Ucraina, Gaza o più probabilmente un mescolone di entrambi -, quando il tutto viene risolto in modo decisamente smargiasso e cafone, andando contro le teorizzazioni di partenza mosse contro Superman.
Gunn aveva trovato la forza nei suoi precedenti film, non costruendo trame o articolando chissà quali complesse strutture narrative, ma puntando sulle interazione tra personaggi qui clamorosamente assenti. Si toccano punte di assurdo nelle gestioni sentimentali in cui si rinnova un vetusto approccio stereotipato tipico di una visione “Blupillata”, impunemente portata avanti a scapito oramai del sistema di riferimento “Redpill”, per cui uno scapito sgorbio Jimmy Olsen, non si comprende come possa far innamorare di sè donne ben oltre della sua portata estetico-economica essendo privo di “Look", “Money” e “Status” (tacendo del nefasto quanto improbabile uso narrativo fattane).
In questo marasma dai contorni netti e facili soluzioni, si staglia il deus ex-machina dell’operazione ovvero Lex Luthor (Nicholas Hoult).
Superman è la luce, Luthor l’oscurità. Il male è assenza di bene secondo la celebre definizione di Sant’Agostino, fatta propria dal non-luogo dell’Universo Tasca dentro il quale si rifugia costantemente, un Luthor roso dall’invidia e dalla rabbia verso chi cerca di compiere buone azioni. Gunn compie un’interessante intuizione nell’identificare nella figura di Luthor lo spirito cinico dei tempi, impadronitasi di tanti spettatori di cinema vogliosi di “cattivismo” a tutti i costi, contro coloro che cercano di agire per compiere il bene, viste alla stregua di figure "desuete" fuori dalla "seriosa" contemporaneità.  

Il meta-umano più forte di tutti, così voglioso di voler ribadire il suo sentirsi pregno d’imperfezione umana, asseconda uno sterile passatismo Silver Age. L’immaginario passato - sia estetico che sonoro -, viene cannibalizzato, in un’ottica da visione rassicurante preconcetta, invece di fornire incerte e non definitive strade da percorrere, per giungere a far si che l’essere buono, sia un qualcosa di praticato e vissuto concretamente in profonda risonanza emotiva - andava sfruttato molto meglio il tema immanente "Last Son" -, senza venire enfaticamente enunciato.

 

Nicholas Hoult

Superman (2025): Nicholas Hoult

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