Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Un thriller elegante e calibrato, dove Hitchcock trasforma ogni parola, gesto e oggetto in strumenti di tensione pura.

Hitchcock non aveva bisogno di inseguimenti mozzafiato o di una lunga sequenza di delitti per catturare l’attenzione. Il delitto perfetto (1954) dimostra quanto il brivido possa nascere dalla precisione e dal controllo dello spazio: quasi tutto si svolge tra le mura di un appartamento, con ogni parola, gesto e sguardo che diventano fondamentali. La tensione cresce nonostante l’apparente calma, grazie a un meccanismo narrativo perfettamente calibrato e alla regia di un maestro che già negli anni ’50 sapeva come trasformare un set chiuso in un labirinto di suspense.
Tony Wendice (Ray Milland), ex tennista ormai stanco e frustrato, scopre la relazione della moglie Margot (Grace Kelly) con lo scrittore Mark Halliday (Robert Cummings). Deciso a non perdere né la sua posizione sociale né la moglie, architetta un piano per farla uccidere da un conoscente fallito, Charles Swann (Anthony Dawson), mentre costruisce un alibi apparentemente inattaccabile. Il delitto, però, non procede come previsto e il piano inizia a sgretolarsi, lasciando spazio all’ispettore Hubbard (John Williams), che ricompone gli eventi con pazienza e acume, portando alla luce le crepe del progetto criminale.


Hitchcock dirige come un regista teatrale, con la macchina da presa che conosce alla perfezione la mappa dell’appartamento e sfrutta ogni angolo per creare tensione. L’allestimento scenografico concentra tutta la storia in un unico set, l’interno della casa dei Wendice, dove ogni dettaglio contribuisce al racconto: mobili Chippendale, soprammobili di pregio, statuette Wedgwood e stampe di Rosa Bonheur alle pareti. Le tende, continuamente chiuse, accentuano la sensazione di chiusura e controllo. Tutto questo è opera dello scenografo George James Hopkins, veterano di Hollywood con tredici candidature agli Oscar, che già dagli anni del cinema muto curava scene e costumi di grande raffinatezza. L’esperimento del 3D rende l’appartamento ancora più “vivo” nella storia.
La sceneggiatura di Frederick Knott, tratta dalla sua pièce teatrale, mantiene l’intreccio serrato e i colpi di scena studiati, con dialoghi che celano tensioni e manovre. Hitchcock, pur rispettando fedelmente il testo, aggiunge la sua impronta visiva: ogni movimento nello spazio, ogni inquadratura, ogni oggetto diventa parte del meccanismo di suspense. La calma apparente dei dialoghi nasconde la tensione crescente e la sensazione che qualcosa stia per andare storto, trasformando la tranquillità in un’arma narrativa.


Ray Milland interpreta Tony Wendice con freddezza e controllo, un marito calcolatore che non perde mai la calma. Grace Kelly segna l’inizio della sua collaborazione con Hitchcock: una bionda elegante, apparentemente fredda e distaccata, ma con un fuoco interiore che si accende nei momenti giusti. La loro collaborazione proseguirà con La finestra sul cortile (1954) e Caccia al ladro (1955), dove il regista continuerà a valorizzare questa combinazione di eleganza e intensità. Robert Cummings è Mark Halliday, il catalizzatore esterno che mette in moto gli eventi, mentre John Williams riprende il ruolo dell’ispettore Hubbard, già interpretato in passato per Hitchcock a teatro e in altri film, con ironia e lucidità.


Il film resta unico anche per l’uso del 3D, un esperimento mai più replicato da Hitchcock. La pièce di Knott, già portata in TV e a Broadway, conferisce alla storia un’impronta teatrale che il regista mantiene con precisione, concentrando tutta l’azione nell’appartamento dei Wendice. Curioso è il modo in cui ogni elemento dell’arredamento racconta qualcosa: dalle tende che chiudono la scena al più piccolo soprammobile, tutto contribuisce a creare atmosfera e tensione. Hitchcock appare in una fotografia appesa alle pareti della casa, tra i partecipanti a un banchetto universitario, un omaggio discreto a se stesso e un esempio dei frequenti cameo nei suoi film. Infine, il film ha ispirato un remake nel 1998, diretto da Andrew Davis e interpretato da Michael Douglas, Gwyneth Paltrow e Viggo Mortensen.

Il delitto perfetto dimostra come la suspense possa nascere dalla precisione e dalla misura, senza bisogno di eccessi. Hitchcock prende una pièce già calibrata e la eleva a cinema di pura tensione, trasformando un appartamento in un palcoscenico di inganni e un unico omicidio in un racconto dove ogni parola, gesto e oggetto diventano strumenti di suspense. È un thriller elegante e glaciale, costruito con intelligenza e rigore, che resta un esempio imprescindibile del maestro del brivido.
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