Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
"Il ballo delle ingrate" è un cortometraggio di 25 minuti, insolito nell'opera di Ingmar Bergman, girato dal regista poco dopo la lavorazione del "Flauto magico" insieme alla coreografa Donya Feuer, una "composizione coreografica" introdotta e poi commentata a metà dal critico d'arte Ingela Lind.
Non c'è una trama, non ci sono dialoghi, ci sono quattro figure femminili confinate in una stanza chiusa, una bambina che gioca con un pupazzo, due donne adulte che potrebbero essere sorelle e una donna in nero che forse rappresenta la morte; la bambina sembra la figura più autonoma delle quattro, ma dopo un po' finisce per venire intrappolata in una spirale di confinamento e sottomissione, anche secondo le parole del critico, che ci offre delle piste interpretative e introduce una seconda visione della stessa coreografia, stavolta con minime varianti. Si tratta di un'opera ermetica di cui, nonostante ci venga offerta la "spiegazione", molti nessi restano sfuggenti, così come il significato ultimo dell'operazione. Non facile anche da valutare, naturalmente, ma se ne può apprezzare una certa atmosfera lugubre che rimanda a pellicole bergmaniane sull'universo femminile come "Sussurri e grida", e il pregio maggiore dell'intero film è una fotografia allucinata, neo-espressionista di Sven Nykvist, di notevole evidenza visiva. Le inquadrature sui volti femminili sono spesso affascinanti, la coreografia dovrebbe essere giudicata da un esperto del settore, ma gli agganci ai contenuti femministi di alcune opere precedenti sono innegabili.
Rimane una curiosità nel corpus del regista, un'operetta che tenta strade nuove, per lui inedite, un film che non può essere paragonato alle sue pellicole di finzione in virtù di un linguaggio completamente diverso, ma che per i completisti di Bergman va comunque conosciuta.
Voto 7/10
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