Regia di John Ford vedi scheda film
Unico titolo nella filmografia di John Ford ad avere vinto l'Oscar come Miglior film, "Com'era verde la mia valle" ha vinto altre quattro statuette per il miglior regista, il migliore attore non protagonista (Donald Crisp), la migliore fotografia e la migliore scenografia. Tuttavia, la vittoria degli Oscar gli ha probabilmente nuociuto perché, avendo sconfitto nelle categorie principali nientemeno che "Quarto potere" di Orson Welles, "Com'era verde la mia valle" ha finito per guadagnarsi il titolo piuttosto infausto di Oscar al Miglior film più ingiusto della Storia.
Si tratta di una saga familiare girata sulla scia di "Furore", con cui mantiene alcuni punti di contatto, in particolare l'elogio dell'Istituto della Famiglia e la nostalgia per un passato idealizzato in cui l'avidità e le difficoltà lavorative (qui in una miniera nel Galles) non avevano ancora preso il sopravvento. A tanti anni di distanza dalla sua uscita il film mantiene eccezionali qualità soprattutto nell'ordine figurativo, con immagini che a tratti sembrano quadri viventi grazie alla magistrale composizione e alla sapiente illuminazione (per quanto non così innovativa come quella di "Quarto potere"), mentre dal punto di vista della narrazione si direbbe un robusto dramma corale che risente però di un'impostazione un po' troppo sentimentale e un po' schematica nella sceneggiatura firmata da Philip Dunne a partire da un celebre romanzo di Richard Llewellyn.
Il film si collega ad una tradizione umanista e progressista che Ford aveva portato ad altissimi livelli cinematografici in "Furore", ma vuole essere anche una condanna dell'intolleranza e dell'ipocrisia religiosa dei benpensanti. Questi temi sono inseriti in maniera nitida e con la giusta intensità in una trama che vede protagonista un ragazzino adolescente, Huw, nonché i suoi genitori e i vari parenti tra cui fratelli e sorelle, ma rispetto ad un capolavoro come "Furore" si avverte qualche stridore nella scrittura, qualche sottolineatura di troppo in certi dialoghi, una certa volontà dimostrativa che rischia il manicheismo nella caratterizzazione di alcuni personaggi. Questi difetti, pur sommariamente esposti, non sono comunque tali da inficiare la riuscita dell'affresco, la sua generosità a livello emotivo e la validità di molte sequenze, fra cui restano magistrali soprattutto quelle del ritrovamento del corpo del padre dovuto al crollo di una frana nel finale e tutte le scene di festeggiamenti o generalmente di massa, risolte con una perfetta coreografia visuale di protagonisti e comparse.
Nel cast un Roddy McDowall tredicenne si rivela sensibile ed espressivo nel ruolo centrale di Huw e, fra gli altri, spiccano un sanguigno Walter Pidgeon nella parte del pastore, anche migliore a mio parere di Donald Crisp e una Maureen O'Hara molto dolce ma anche brava nell'esprimere il senso di colpa, alla sua prima collaborazione con il mentore e Pigmalione Ford.
Voto 8/10
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