Oltre alla coppia di film accomunati da un unico premio in questa lista trovate - omaggio invero modesto - i due di apertura, interpretati all'inizio di una carriera di attrice sensazionale perché mai frutto di scelte facili o banali.
♥ Il link di cui sopra conduce ad un bell'articolo pubblicato da Lorenzo Ciofani (il nostro LorCio) un paio di giorni prima del 30 giugno 2023, 90°compleanno della Signora Massatani. Così penso la conoscano, più che col nome d'arte, nel paese sardo in cui vive, vedova e senza figli, da tanti anni, da quando si ritirò prematuramente dal cinema.
D'altra parte Anna Maria ha sempre prevalso su Lea: "Animale raro in un mondo pieno di adulatori, Massari non si rende la vita facile. Su sessanta crediti tra grande e piccolo schermo, i registi che la dirigono sono ben cinquantacinque, ventinove gli italiani. Non è contabilità ma sostanza. Balla da sola, senza padrini né patroni: non si lega a un produttore, non è la musa di alcun autore, non bazzica le cronache mondane, non piega il gossip a suo favore."
I suoi animali, la sua bella casa, la Sardegna che è diventata (come fu per Gigi Riva) la sua terra.
E allora questa casa nella riviera adriatica che cosa c'entra?
È ll villino presente nel film “La prima notte di quiete” (1972) in cui Lea ricoprì un ruolo non da protagonista ma sofferto e indimenticabile.
(la foto è di Simone Bruscia)
Il villino, ancora intatto, si trova sulla spiaggia di Misano Adriatico quasi al confine con Riccione e la foto non dev'essere di tanti anni fa. Qui Daniele Dominici (Alain Delon) e Vanina (Sonia Petrova) trascorsero una notte d’amore sotto la pioggia. D'estate la vicenda mi torna in mente ogni giorno, quasi fosse accaduta realmente, mentre gioco a bocce nel campo attiguo che si intravvede sulla destra: non penso però a loro bensì a Lea Massari, Monica, la compagna tradita e disperata del "professore col cappotto color cammello".
Spettacolare l'ambientazione nei monti sassaresi, valorizzata dal colore, dalla musica e dalla fotografia (solito impeccabile Aldo Tonti). Monicelli esordisce con un film che sembra un bel western dell'epoca dunque anomalo per lui, ricorda le prime opere di Germi. Esordio (promettente) anche per una deliziosa 21enne: Lea Massari.
Il mio voto in area positiva non è regalato; ne consiglio la visione nonostante la scelta sbagliata del protagonista (un Mel Ferrer poco espressivo) e le abnormi variazioni rispetto al romanzo breve da cui è tratto ("La madre", di Grazia Deledda).
Il 4 novembre 1956 i carri armati di Mosca entrano a Budapest e schiacciano nel sangue la libera volontà degli ungheresi.
Questa l'altra versione del momento:
Montanelli acutamente osservaQUI (video di 50 minuti)che operai e studenti ungheresi non si rivoltarono in nome dell’anticomunismo ma proprio per difendere il comunismo dalla deriva dittatoriale che stava assumendo.
Sono arrivato a questa scelta per merito di monsieur opal ("Witney era veramente un regista di talento" ♦) e debbo proprio ringraziarlo perché nella non vasta filmografia di questo regista ho scovato questo film che secondo Morandini è "noioso e inutilmente predicatorio". A parte il fatto che già dalle prime scene di una rapina in banca si capisce che classe ce n'è... se non lo vedete vi perdete LA LUNGA SEQUENZA DELLO STALLONE MATTO, "una delle migliori mai realizzate" che ha entusiasmato Quentin Tarantino. E naturalmente anche me.
♠ da un suo commento breve al film "I pistoleri maledetti" (1965)-
Ciò che più ricordo (per cui son sicuro di non confondermi) è che c'era MARILYN (quanto è bella in questa foto!): aveva 22 o 23 anni ed era ancora una sconosciuta tant'é che il 27 maggio 1949 decise di posare nuda per 50 dollari - di cui aveva necessità per pagare l'affitto - convinta che essendo un volto anonimo ciò non l'avrebbe danneggiata.
Il mio voto potrebbe aumentare quando, quest'estate, lo rivedrò: lo penso perché il mio amico Lorenzo (Marcello del Campo) ha assegnato addirittura le *****.
Non sono tante le commedie da me presentate sinora; e - con una sola eccezione (Lubitsch) - il voto è sempre stato *** o al più *** e mezza. Effettivamente penso che questo genere soffra più degli altri il passare del tempo. Qui la protagonista è Claudette Colbert (veniva ricordata spesso dalla mia mamma) che non avevo mai vista prima d'ora. Le è accanto Fred Mc Murray: lo conoscevo esclusivamente come bravo interprete di personaggi antipatici ( "L'appartamento", "L'ammutinamento del Caine") ed invece era stato anche attore brillante. Tutto ciò premesso, questa commedia è gradevole ma non me la sento di oltrepassare la sufficienza.
Il titolo originale del film è "D.O.A.", acronimo di "DEAD ON ARRIVAL". Bravi i titolisti italiani ad inventarsi questo falso acronimo "DUE ORE ANCORA". In effetti però Frank Bigelow (Edmond O'Brien) una minima speranza di sopravvivere non ce l'ha più quando si presenta alla polizia di San Francisco per denunciare un omicidio ("Di chi? Il mio").
E' opera di un grande regista giapponese, Kaneto Shindō. Il tema? Semplicemente la musica della vita, un giorno dopo l'altro, bianco e nero, senza parole. Il film si apre con una scritta così traducibile: " Arare una terra arida - che ti limita - ti condurrà al Paradiso ". Dice tutto. E poi c'è la splendida musica di Hikaru Hayashi.
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