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Toxic Town

1 stagioni - 4 episodi vedi scheda serie

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La recensione su Toxic Town

di mck
8 stelle

ToxyCity: acqua, aria, suolo. Si chiama cinema d’impegno civile: lo è.

 

 

Jack Thorne è un “creator”, ma non ho alcuna remora a definirlo “altresì” un autore, per tutte le stagioni (si consideri “the Fades” e la saga in corso di “Enola Holmes”), e non sempre riesce a convincere in pieno, però quando si mette di buzzo buono è al pari dei grandi (Weiner, Simon, Gilligan, Chase, Milch), e penso a “This Is England ‘86, ‘88 e ‘90” e “the Virtues”, scritte con Shane Meadows, che le ha inoltre dirette, e, con la regia di Marc Munden, a “National Treasure”, “Help” e la prossima “Lord of the Flies”, e con quella di Philip Barantini all’imminente “Adolescence”, co-scritta con Stephen Graham, che, oltre ad averla “ovviamente” anche interpretata, costituisce pure il fil rouge che unisce la maggior parte dei nomi e dei titoli appena menzionati, e questa “Toxic Town” (4 ep. da ca. 45'-60' per Netflix interamente sceneggiati da lui con la collaborazione una tantum di Amy Trigg), con un’eccellente Jodie Whittaker (Black Mirror: the Entire History of You, Broadchurch, Doctor Who, Time), una sorprendente Aimee Lou Wood (“Sex Education”, l’ora “in onda” 3ª stag. di “the White Lotus” e la futura “Film Club”) e un monumentale Robert Carlyle (Riff-Raff, Go Now, Trainspotting, Carla’s Song), appartiene a pieno titolo alla fascia alta della sua produzione: si chiama cinema d’impegno civile: lo è.

 

 

“...con le loro credenziali da classe operaia sventolate come fossero un privilegio. Qualcuno deve affrontarli!”

Minkie Spiro (Skins, Downton Abbey, Z: the Beginning of Everything, One Mississippi, Here and Now, Better Call Saul, Lodge 49, Kidding, the Deuce, Barry, the Plot Against America, Pieces of Her, 3 Body Problem) dietro alla MdP compie un buon lavoro, mentre completano il gran bel cast Rory Kinnear (Southcliffe, Men), Brendan Coyle (Downton Abbey, Requiem), Joe Dempsie (Skins, This Is England ‘86-’90, Game of Thrones, the Fades, Southcliffe, Pieces of Her), Stephen McMillan, Michael Socha, Matthew Durkan e Ben Batt, e alla fotografia e alle musiche ci pensano Sergio Delgado e Sion Trefor, con la “High Hopes” di Paolo Nutini a chiudere. 

 


“Roy Thomas [il cattivo, "una volta tanto" laburista] is based on a number of men, none of whom lived to see their plans for Corby fully realised.”

Nota a margine. La messa in scena di questa impropriamente definita “Erin Brockovich britannica” contribuisce a segnare lo scarto tra la serialità d’impegno civile del Regno Unito e quella della Repubblica Italiana (mentre col cinema-cinema ce la caviam meglio, da “la Meglio Gioventù” – che, certo, è cinema-miniseriale, e soprattutto ha oramai quasi un quarto di secolo – a “Palazzina LaF”, passando per “Bella Addormentata”), ovvero: “Se Beppe Fiorello avesse degli sceneggiatori e dei registi degni delle migliori intenzioni non concretizzatesi!” (o giù di lì, ma ci siam capiti). 

 

“In memory of Sam Hagen [il buono, anch'egli laburista (e poi indipendente)].”

 

* * * ¾ (****)

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