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Squid Game

2 stagioni - 19 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Squid Game

di omero sala
6 stelle

locandina

Squid Game (2021): locandina

 

Squid Game è una serie sudcoreana di 9 episodi che spopola su Netflix. 

Inizialmente in Italia è stata messa sulla piattaforma con i dialoghi in coreano e con i sottotitoli, ma è stata subito doppiata in considerazione dell’enorme successo di pubblico (la serie è schizzata in cima alla top ten di Netflix con 142 milioni di spettatori solo nel primo mese). 

Ho fatto in tempo a vedere le prime due puntate coi sottotitoli (e quindi ho avuto il piacere di sentire le voci sgraziate della colonna originale, gli strepiti e le urla isteriche dei personaggi che strillano esasperando ogni emozione); ma ho anche potuto verificare che in alcuni passaggi la lettura dei dialoghi fitti non dava il tempo di leggere le immagini. E questo mi confermava nella mia convinzione poco cinofila (e sorpassata) di preferire i doppiaggi.

 

La storia narrata è semplice, didascalica; la trama è schematica, infantile, come spesso accade alle produzioni dell’estremo oriente, per ragioni che qui non val la pena considerare.

Un folto gruppo di persone (456), prescelte fra emarginati, falliti, ricercati e indebitati, viene attirato, reclutato, sequestrato e radunato in un edificio enorme e irreale su un’isola perduta nel mare coreano

Sono stipati in una enorme camerata, una specie di hangar luminosissimo zeppo di letti a castello e viene loro letto il regolamento della colonia: subito si rendono conto in qualche modo di essere come dei prigionieri. E infatti viene loro fornita una specie di uniforme, una tuta verde con un numero scritto sulla pettorina e sulla schiena. 

Anche i loro sorveglianti hanno una divisa, interamente rossa però, che li distingue bene dai verdi e stacca sugli sfondi chiari; le guardie indossano anche un cappuccio e hanno la faccia nascosta da una maschera simile a quella da scherma, con una specie di visiera nera, di rete, con sopra disegnata una figura geometrica dal bordo bianco - triangolare, quadrata o circolare, in base al grado; il capo ha un lungo cappotto grigio, con cappuccio e maschera neri.

Le categorie dei prigionieri verdi e delle guardie rosse sono ben distinguibili fra loro nella confusione dei giochi, ma tutti - verdi e rossi - sono accomunati da uniformi comunque spersonalizzanti e contrassegnate da numeri che ne cancellano l’identità. I reclusi si muovono come greggi rassegnate; le guardie armate controllano silenziose e fredde, e si incaricano delle esecuzioni con inflessibili passività (perinder ac cadaver, come dicevano i Gesuiti).

 

scena

Squid Game (2021): scena

 

Subito gli “ospiti” sono informati che la ragione del reclutamento è quella di partecipare a una serie di competizioni che si ispirano ai giochi infantili di strada o di cortile, giochetti popolari, alla portata di tutti, che non necessitano di particolari attrezzature ma richiedono fantasia e abilità fisiche.

In palio, solo per il finalista, c’è un premio di parecchi milioni.

I giochi sono individuali, di coppia o di squadra; le gare sono organizzate a sorpresa ogni giorno, una al giorno, in vastissimi spazi asettici con macchinose costruzioni da luna park, ridicole come quelle di “Giochi senza frontiere”, studiate per ogni singola contesa.    

Chi vince prosegue verso il traguardo finale; chi perde viene eliminato, nel senso letterale del termine: se non soccombe nel gioco, viene ammazzato sul posto da uno dei sorveglianti mascherati, e i cadaveri vengono trasferiti al crematorio. 

Per ogni concorrente soppresso - mors tua vita mea - il monte premi aumenta.

(Furba l’idea di solleticare le nostalgie dell’infanzia, di rendere tragica la spensieratezza dei ricordi ludici, di ribaltare la solidarietà dei bambini nella conflittualità letale). 

 

Appare evidente che l’isola rappresenta la vita, che i meccanismi del gioco sono quelli dell’esistenza, che la legge della sopravvivenza è quella che regola la realtà; e comporta ingiustizie, disparità economiche, dinamiche di selezione sociale, cieca casualità dei destini (caos), sorda crudeltà, ottusa insensibilità, competitività individuale (made in Usa, che incancrenisce i rapporti), conflittualità globale (che porta il mondo verso baratri prevedibili). 

Subito dopo il primo gioco (Un, due, tre: stella! - chi muove un muscolo è abbattuto all'istante), tutti i concorrenti verificano coi propri occhi la natura feroce delle gare, ma nessuno sa sottrarsi al meccanismo inesorabile delle contesa perché ognuno, angosciato dai propri fallimenti, guarda con cupidigia la montagna di bigliettoni che si accumula in una grande palla trasparente sospesa al soffitto della camerata e tutti sono rapiti dall’ipnotico volo delle banconote che piovono dall’alto ogni volta che un concorrente perde e viene eliminato e ucciso. Un gioco dall’ingranaggio disperato e infernale.

Ognuno dei reclutati ha le sue ragioni per resistere: c’è chi è soffocato dai debiti e vuole aiutare la madre malata; chi è ricercato dalla polizia; chi sogna la fuga all’estero; chi vuole liberare dall’orfanotrofio un fratello; chi è vecchio e sa di morire per un tumore al cervello; chi fa il gangster e ha debiti di gioco con malviventi spietati; chi (un immigrato pakistano) è ridotto alla fame; chi (una ragazza madre) non ha nulla da perdere, … Perché la vita - dice uno di loro - è un inferno persino peggiore del gioco.

Gli schiavi sanno che uno solo di loro sopravviverà, che tutti gli altri sono predestinati alla morte: ma ognuno spera di essere il miracolato. 

Per scampare intessono giorno dopo giorno, notte dopo notte, alleanze mirate, fragili e provvisorie, stringono disperati legami opportunistici, fanno gruppo, si manipolano a vicenda, scendono a compromessi, innescano seduzioni, studiano strategie, si aggregano e si disgregano a seconda delle convenienze, si amano e si odiano, si accoppiano e si accoltellano, si aiutano e si ingannano, diventano samaritani o assassini, soffrono e gioiscono, oscillano fra richiami a principi etici e compromessi dettati dagli istinti di conservazione, nella più tetra disperazione, sempre stressati, catatonici, incapaci a reagire; disperati in guerra, costretti a prevaricare per non soccombere alle prevaricazioni; costretti a scegliere senza disporre della libertà di farlo; spinti a cercare la solidarietà, ma obbligati a tradire prima di essere traditi. Nei primi giochi a uccidere è il sistema, è l’organizzazione, sono i sorveglianti; negli ultimi, sono i concorrenti, sempre più degenerati e perversi. 

Le vittime diventano - a ben riflettere - più animalesche dei carnefici (homo homini lupus) e i confronti che avvengono in dormitorio sono più disperati e crudeli di quelli nelle gare.

Uno di loro, un medico, tesse perfino accordi segreti con gli aguzzini e si presta a smembrare i cadaveri prima della cremazione per alimentare un traffico osceno di organi.

Dietro e sopra tutto questo macchinoso apparato c’è il cinico gioco di scommesse di un gruppo di potenti, spettatori a distanza nelle prime gare eliminatorie o in presenza per le finali; misteriosi satrapi che forse appartengono a una occulta organizzazione a delinquere o a una società segreta o a una cricca di sadici perversi.      

 

scena

Squid Game (2021): scena

 

Le ambientazioni sono angoscianti; la camerata - luogo del bivacco e dell’attesa - è enorme con i letti a castello che si diradano di giorno in giorno; e dal soffitto altissimo pende l’enorme sfera piena di banconote. Gli spazi attrezzati per le gare sono sempre vastissimi e abbacinanti; gli ambienti surreali attraverso i quali si spostano le lunghe file dei concorrenti scortati dalle guardie, come in un incubo, sono corridoi intricati e scale escheriane, coi muri dai colori pastello delle scuole per l’infanzia; i set dove si svolgono i giochi sono campi aperti abbacinanti o cupi interni che, anche nella illuminazione, ricordano i tendoni del circo. 

La colonna sonora è caratterizzata da inserti di musica classica ricorrenti, ironicamente (e tragicamente) discrepanti con la scena che accompagnano: ogni gara è “giocosamente” introdotta da Il bel Danubio blu, di Strauss; gli spostamenti cupi sono ironicamente punteggiati dalla Serenata per archi, di ?ajkovskij; nella cupa sala dei vip aleggia il trionfalismo della Quinta sinfonia di Beethoven. In un gioco di contraddizioni e di antitesi che accompagna trama e riprese, sequenze e montaggio, dialoghi e silenzi, colori e musiche.

Il film rimanda a numerose pellicole che trattano di sfide pericolose o di contese mortali (survival games); e ricorda anche numerosi - forse troppi - film diversissimi: pulp (Tarantino), carcerari, dark, horror, thriller, orwelliani o dispotici o inseriti in contesti “costruiti” (come Truman show), ma, pur rubacchiando idee e situazioni, si discosta da tutti proprio per la sua infantile ed esplicita spudoratezza che lo rende grottesco (e svincolato dalla coerenza che gli permette di pasticciare fra infanzia e tragedia, gioco e morte, ordine e caos, armonia e terrore, umanità e brutalità, speranza e disperazione).

Il simbolismo, paradossalmente coniugato con l’iperrealismo, è di una evidenza sconcertante, ma è forse per questo che la serie funziona a tutte le latitudini; perché è una rappresentazione evidentissima e riconoscibile delle dinamiche spietate della lotta di classe (satira sociale d’accatto), del capitalismo che annienta l’umanità, della conflittualità fra gli individui, della disperazione diffusa, dell’orrore quotidiano, del mondo che verrà.

La schematicità è sconcertante, i personaggi sonostereotipati e prevedibili: si capisce che la grezza elementarità fiabesca è eminentemente simbolica: tutti sappiamo infatti che la fiaba soccorre chi non è in grado di comprendere le sfumature complesse della realtà. 

L’esasperazionedei suoni, dei colori e dei movimenti è volutamente enfatica e carica: tutti sappiamo che l’esagerazione serve a intensificare la rappresentazione dell’indicibile.

La metafora mostra situazioni paradossali, svela meccanismi narrativi astrusi e presenta come normali dinamiche inaccettabili: tutti sappiamo che il paradosso capovolge la realtà per rendere più leggibili i suoi connotati, per svelarci meglio le sue mostruosità e per mandarci avvertimenti.

 

Si parla di una seconda stagione.

L’ultimo episodio della prima stagione è così sciatto, pasticciato, confuso e incoerente (e prevedibile) da non far presagire niente di buono. 

 

scena

Squid Game (2021): scena

 

 

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