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The I-Land

1 stagioni - 7 episodi vedi scheda serie

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La recensione su The I-Land

di mck
4 stelle

Con quali di questi tre V.I.P. – Fabio Fazio, Fabio Rovazzi e Fabio Volo – vorreste passare un mese s’un’isola deserta se foste costretti a farlo e chi uccidereste per primo? (Uno di questi Fabio è in lista solo per il piacere d’avere in lista tre Fabio. Potete sostituirlo a piacimento con Ezio Greggio.)

 

Da una sparutamente minuta - ma ipertroficamente fastidiosa - branca della critica cosmopolita(lica) Neil LaBute è considerato alla stregua di un autore: dato il punto ch’esprimono più autorialità Adryan Lyne e Michael Bay, questa “the I-Land”, tra lo Stanford Prison Experiment e “Lost”, “Persons Unknown”, “the Wilds”, “From”, “Bienvenidos a Edén” e lo Shyamalan di “Wayward Pinese Old, conferma semplicemente il fatto che il regista & drammaturgo di “In the Company of Men”, “Your Friends & Neighbors”, “Nurse Betty”, “Possession” (che offende Antonia Susan Byatt), “the Shape of Things”, “the Wicker Man” (che offende Robin Hardy & Anthony Shaffer), “Some Velvet Morning”, “Dirty Weekend”, “House of Darkness”, “Out of the Blue”, “Fear the Night” ed altre trascurabilità è solo un ipercitazionista a vanvera (qui “the 39 Steps” di Hitchcock/Buchan) col mestiere di un toporatto-talpa nudo, altrimenti detto eterocefalo glabro, un roditore istricomorfo batiergide del Corno d’Africa (mammifero eusociale - come api, formiche, termiti - eterotermo ipogeo insensibile al dolore ed estremamente utile dal PdV della ricerca - resistenza alla proliferazione delle cellule cancerose e agli stress ossidativi - sulla longevità animale, e quindi umana; mentre l’utilità di un LaBute rimane ancora avvolta in un fitto mistero).

 


The I-Land”, creata da Anthony Salter, ha però dalla sua il fatto di svelare ben presto le proprie misere carte (la “rivelazione” è rivelata tra il 2° e il 3° ep.) conducendo dunque la mano con queste postmesse premesse, di concentrare la maggior parte degli sfiancanti flashback esplicativi in un solo episodio iper-analettico, il 5° dei 7 in tutto, e di concedersi un finale tutto sommato gradevole (e terribile), anche se il peso maggiore, in negativo, lo hanno la sceneggiatura (Neil LaBute e Lucy Teitler), la regia (Neil LaBute, Jonathan Scarfe, Darnell Martin) e la recitazione (Natalie Martinez, Kate Bosworth, Bruce McGill, Kyle Schmid e Gilles Geary i "migliori", mentre una menzione speciale per la cagnamaledettitudine la meritano Kota ♥ Eberhardt, KeiLyn Durrel Jones e Clara Wong), per lunghi tratti irritanti e in alcune occasioni del tutto incredibilmente respingenti. (Alcune cose, semplicemente, sono così talmente stupide che non è possibile penetrare, estrapolare e comprendere la loro stupidità.)

* * ¼ - 4.5  

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