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Warrior (2019)

3 stagioni - 30 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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YellowBastard

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Warrior (2019)

di YellowBastard
6 stelle

Tratta dagli scritti originali di Bruce Lee e prodotta da Jonathan Tropper per Cinemax, il serial cerca di rendere giustizia alle sue idee a partire dagli scontri di arti marziali e mischiando il tutto con complotti, scontri sociali e faide tra bande criminali oltre a una certa attenzione all'attualità.

 

Risultati immagini per warrior

 

Tratto dagli scritti originali di Bruce Lee (e che, rielaborato, divenne negli anni'70 la serie Kung Fu con David Carradine ma tradendone le idee originali e tagliando fuori lo stesso Lee dal progetto) e prodotto da Jonathan Tropper per Cinemax (stesso ideatore e canale di Banshee, e si vede), il serial cerca di rendere giustizia allo spirito originale di Lee, a partire ovviamente dagli scontri di arti marziali, e mischiando il tutto anche con una certa attualità, elementi di cui a oggi sembra non sia possibile rinunciarvi, a partire dal tema dell'immigrazione e la convivenza difficile tra le razze, e proseguendo con complotti, faide criminali e scontri sociali in quello che appare, fin da subito, come un solido western (e con forti influenze proprio dallo spaghetti western) ma declinato all'orientale e la cui maggior caratteristica vincente, oltre ai combattimenti ben coreografati e ottimamente realizzati, sono una fotografia suggestiva, soprattutto in notturna, e ottime scenografie, grazie al quale la stessa Chinatown di San Francisco di fine secolo diventa a tutti gli effetti una protagonista fondamentale della storia.

 

Più altalenante invece è la qualità degli attori della serie, a partire proprio dal protagonista, interpretato da Andrew Koji e costruito sul modello di Bruce Lee, che non brilla proprio di fascino e carisma, mentre invece è proprio la parte orientale del casting a rispondere meglio alle aspettive (forse anche perchè più importante e centrale alla storia) rispetto a quella americana, che mostra qualche colpo in più a vuoto.

 

Ma l'elemento più affascinante della serie è la corrispondenza, non so quanto voluta ma comunque centrale, con il tema dell'immigrazione, soprattutto vista con gli occhi di noi italiani.

Non siamo infatti a Ellis Island o a New York ma come quella era la porta dell'America dell'immigrazione europea San Francisco era il porto di accesso per chi veniva dall'oriente, ed è interessante notare le tante similitudini tra Est e Ovest, tra i diversi tipi di immigrati e di come quanto affrontato in entrambi i casi siano esattamente le stesse, ma anche come tali condizioni vengano riportate in maniera pressochè identica, nella serie, a tanta finzione cinematografica realizzata per raccontare, ad esempio, l'immigrazione italiana a New York.

Da una parte Little Italy e dall'altra Chinatown, da una parte la mafia e dall'altra le Tong e, in mezzo, discriminazione, povertà, intolleranza e la sola certezza di non essere a casa, straniero anche tra i propri simili. 

 

Stessi elementi, stesse situazioni, personaggi molto simili, a partire anche dal sottobosco criminale. E un racconto quindi molto (troppo?) derivativo a quanto già visto in passato, seppur in altri momenti e con altri personaggi, ma con una struttura di fondo e un'atmosfera pressapoco identica.

Anche se non so dire quanto questo possa essere davvero un limite della serie, nel senso che potrebbe sembrare che tenda a riproporre (pigramente? Stancamente?) stilemi già collaudati e di successo in altre storie e semplicemente sviluppate e riadattate secondo un'estetica differente, più orientaleggiante.

Un pregio, quindi, o questo è davvero un limite?

 

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P.s. Da notare un episodio particolare, a metà della stagione, totalmente slegato dalla storia o anche solo a quanto trattato dalla serie, che non è nient'altro che un chiarissimo omaggio al film The Hateful Eight di Tarantino.  (!!)

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