3 stagioni - 30 episodi vedi scheda serie
Tratta dagli scritti originali di Bruce Lee e prodotta da Jonathan Tropper per Cinemax, il serial cerca di rendere giustizia alle sue idee a partire dagli scontri di arti marziali e mischiando il tutto con complotti, scontri sociali e faide tra bande criminali oltre a una certa attenzione all'attualità.
Tratto dagli scritti originali di Bruce Lee (e che, rielaborato, divenne negli anni'70 la serie Kung Fu con David Carradine ma tradendone le idee originali e tagliando fuori lo stesso Lee dal progetto) e prodotto da Jonathan Tropper per Cinemax (stesso ideatore e canale di Banshee, e si vede), il serial cerca di rendere giustizia allo spirito originale di Lee, a partire ovviamente dagli scontri di arti marziali, e mischiando il tutto anche con una certa attualità, elementi di cui a oggi sembra non sia possibile rinunciarvi, a partire dal tema dell'immigrazione e la convivenza difficile tra le razze, e proseguendo con complotti, faide criminali e scontri sociali in quello che appare, fin da subito, come un solido western (e con forti influenze proprio dallo spaghetti western) ma declinato all'orientale e la cui maggior caratteristica vincente, oltre ai combattimenti ben coreografati e ottimamente realizzati, sono una fotografia suggestiva, soprattutto in notturna, e ottime scenografie, grazie al quale la stessa Chinatown di San Francisco di fine secolo diventa a tutti gli effetti una protagonista fondamentale della storia.
Più altalenante invece è la qualità degli attori della serie, a partire proprio dal protagonista, interpretato da Andrew Koji e costruito sul modello di Bruce Lee, che non brilla proprio di fascino e carisma, mentre invece è proprio la parte orientale del casting a rispondere meglio alle aspettive (forse anche perchè più importante e centrale alla storia) rispetto a quella americana, che mostra qualche colpo in più a vuoto.
Ma l'elemento più affascinante della serie è la corrispondenza, non so quanto voluta ma comunque centrale, con il tema dell'immigrazione, soprattutto vista con gli occhi di noi italiani.
Non siamo infatti a Ellis Island o a New York ma come quella era la porta dell'America dell'immigrazione europea San Francisco era il porto di accesso per chi veniva dall'oriente, ed è interessante notare le tante similitudini tra Est e Ovest, tra i diversi tipi di immigrati e di come quanto affrontato in entrambi i casi siano esattamente le stesse, ma anche come tali condizioni vengano riportate in maniera pressochè identica, nella serie, a tanta finzione cinematografica realizzata per raccontare, ad esempio, l'immigrazione italiana a New York.
Da una parte Little Italy e dall'altra Chinatown, da una parte la mafia e dall'altra le Tong e, in mezzo, discriminazione, povertà, intolleranza e la sola certezza di non essere a casa, straniero anche tra i propri simili.
Stessi elementi, stesse situazioni, personaggi molto simili, a partire anche dal sottobosco criminale. E un racconto quindi molto (troppo?) derivativo a quanto già visto in passato, seppur in altri momenti e con altri personaggi, ma con una struttura di fondo e un'atmosfera pressapoco identica.
Anche se non so dire quanto questo possa essere davvero un limite della serie, nel senso che potrebbe sembrare che tenda a riproporre (pigramente? Stancamente?) stilemi già collaudati e di successo in altre storie e semplicemente sviluppate e riadattate secondo un'estetica differente, più orientaleggiante.
Un pregio, quindi, o questo è davvero un limite?
P.s. Da notare un episodio particolare, a metà della stagione, totalmente slegato dalla storia o anche solo a quanto trattato dalla serie, che non è nient'altro che un chiarissimo omaggio al film The Hateful Eight di Tarantino. (!!)
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