1 stagioni - 6 episodi vedi scheda serie
Usa, anni '60. Una rivoluzionaria comunista, evasa e ricercata dall'FBI, approda nottetempo in casa di S. J. Munsinger, anziano scrittore di modesta fama, e della moglie Kay. Quest'ultima conosce la ragazza fin da piccola e l'ha in simpatia; molto differente è invece l'approccio con Munsinger, pavido brontolone e soprattutto fermo sostenitore della legalità e del capitalismo. A complicare la faccenda il giovane Allan, affittuario di casa Munsinger, si innamora della nuova arrivata: ma Allan sta per sposarsi...
A ottant'anni suonati Woody Allen si vede commissionare da Amazon Studios un lavoro del tutto nuovo per lui, cioè una serie - dall'approccio televisivo - in sei puntate: nemmeno un dubbio può esserci, l'autore-interprete-regista newyorchese ne viene fuori alla grande, con un prodotto frizzante e ricco di stimoli intellettuali. Crisis in six scenes è una sorta di lungo film televisivo dei fratelli Marx, nel quale i veri protagonisti sono dialoghi spiritosi e facezie varie (non prive di rimandi culturali alti, nello stile alleniano), al servizio di personaggi stereotipati - ma ben assortiti e a loro modo 'quadrati' - in un intreccio pseudopolitico con sottotrama sentimentale e risoluzione corale in obbligata chiave di happy ending. Nell'ultima puntata Munsinger-Allen cita esplicitamente i Marx, che sono d'altronde da sempre uno dei suoi punti di riferimento dichiarati, perchè nulla rimanga nascosto; l'apoteosi finale di Crisis in six scenes, con l'entrata in scena di tutti i personaggi della storia, è senza dubbio il punto più alto dell'intera serie e, va rimarcato, è questo l'episodio nel complesso più riuscito. Perchè naturalmente l'opera ha anche dei difetti, non pochi: la scrittura è volutamente televisiva, cioè si disperde spesso e volentieri fra dialoghi in interni, tralasciando l'azione e focalizzandosi sulle psicologie dei personaggi, d'altronde stilizzate; tutto questo in un film non sarebbe possibile e l'abissale distanza di Crisis in six scenes dal cinema appare evidente fin dalla prima sequenza. Ma non è solamente per questioni stilistiche (e in quanto tali comprensibili e perdonabili) che il prodotto lascia qualche amarezza; la recitazione di Miley Cyrus, per esempio, è motivo di per sè di sufficiente perplessità: ma si sa che, da parecchi anni a questa parte, Allen non riesce proprio a girare senza inserire nella storia una bionda svampita, da Scarlett Johansson in poi (Emma Stone, Evan Rachel Wood). In questa occasione poteva comunque scegliere meglio; sugli altri interpreti invece nulla da eccepire: al fianco dello stesso regista compare Elaine May (84 anni e in formissima!) e nella parte del giovane affittuario troviamo John Magaro, bravo anche se forse esagera nel cercare di sembrare un giovane Woody (ma potrebbe essere stato l'autore stesso a indirizzarlo verso quel tipo di recitazione). Non rimane che sperare che le dichiarazioni preoccupate di Allen sul lavoro - fermamente deciso a non ripetere l'esperienza del prodotto seriale - vengano smentite. 6/10.
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