Tra gli entusiasmi smodati su Una battaglia dopo l'altra e la tempestività di La voce di Hind Rajab è difficile non discutere in questa settimana di cinema in sala. Nel caso però ci sono un paio di commedie su cui riparare.
Pietrangeli, Cardinale, Tognazzi, Volonté. Ossia Il magnifico cornuto che esplora con gusto satirico e un piglio sarcastico azzeccato e pertinente, la crisi d'identità dell'uomo moderno, nell'epoca del boom economico degli anni '60.
Ethan senza Joel risulta senza dubbio più caricaturale, smargiasso, meno profondo, meno autoriale, ma il sapiente lavoro di regia e di scrittura sui personaggi costituisce un omaggio pertinente e sentito al cinema thriller dei bei tempi d'oro.
Paolo Strippoli, dopo il buon A Classic Horror Story e l'ottimo Piove, ritorna al folk horror con un approccio molto Fulciano e un contesto alla Midsommar di Ari Aster
Il film scava la parola, usa la tecnica del “Less is more” fino all’osso, estremizzata, andando a sostituire ogni immagine della guerra con voci, rumori e suoni. E obbligando lo spettatore a immaginare, attraverso ogni parola.
L’utilizzo delle registrazioni originali farà storcere il naso a chi crede che non si dovesse utilizzare la voce della piccola Hind. Un'obiezione legittima. D’altro canto, chi non voglia (o non possa) rispondere al fuoco con il fuoco, e decida di combattere come può affinché questa atrocità finisca, usa le armi che possiede.
Un ritratto intimo della memoria e dell’identità. Di questo tratta il delicato film della regista e sceneggiatrice Sarah Friedland, con cui ci accompagna nel mondo di Ruth, un’anziana scrittrice di libri di cucina interpretata con grazia da Kathleen Chalfant.
Un film che lascia il segno, imperdibile, una storia che risuona con il presente. Una famiglia spezzata dall’esilio, un cuore che batte oltre il confine, un’eredità che nessuna guerra può cancellare. Quando la memoria diventa resilienza.
C'è mestiere, c'è contorno, ma manca l'anima, corrotta da troppo voyeurismo, troppo desiderio di creare scalpore, che rende tutto posticcio, imbarazzante, insalvabile.
Visivamente gradevole grazie ad un bianco e nero nitidissimo, arricchito dalla spontanea umanità della popolazione partenopea, l’operazione di Rosi si limita però ad un collage di frammenti a cui manca un filo conduttore unificante
Cinema antimilitarista che mostra gli orrori della guerra dalla prospettiva di un Giappone ormai allo sbando. La tomba delle lucciole torna in sala come evento e se non l'avete mai visto allora andateci subito perché è il momento giusto...
Un cinema di piaggeria, dalle sofisticate ambizioni che si risolvono in banale superficialità, ergendolo a degno rappresentante di tutto ciò che vorrebbe combattere.
Marcello parla di Eleonora Duse ma narra soprattutto l’orribile Italietta dei papponi, degli approfittatori, dei vigliacchi che nel ventennio si accomodarono sul carro fascista per commettere crimini e sfruttare le più sordide occasioni di successo.
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