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Il maratoneta

Regia di John Schlesinger vedi scheda film

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Ted_Bundy1979

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La recensione su Il maratoneta

di Ted_Bundy1979
7 stelle

Thriller cospirazionista di riferimento degli anni settanta e non soltanto, di cui i ragazzi del tempo come il sottoscritto, pure tenevano la locandina italiana che si vede sopra in alto, nera, nella propria camera, per 20 anni. Interamente creato e pensato da ebrei a partire da Goldman, a Schlesinger, a in parte Schneider naturalmente Hoffman, molti altri, e a consumo di una certa pubblicistica romanzesca e politica antinazista quindi anche antitedesca quando ancora non era un cliché di successo garantito, visto che pure il personaggio della Keller nel film, tedesca, non ne esce certo benissimo. Il migliore di tutti compreso Olivier nel celebre ruolo di Szell ispirato chiaramente a Joszef Mengele, è però l'irlandese americano Janeway impersonato da un veramente grande William Devane, in un ruolo cardine che ne avrebbe decodificato tutta una nuova carriera in ruoli di cattivo, lui che aveva interpretato pure, J. F. Kennedy, e l'anno prima di interpretare il protagonista nell'altro culto meno famoso e ben più sommerso, "Rolling Thunder".

Effettistico ma di grande efficacia, grazie all'apporto di una città come New York all'epoca, inimitabile come giungla criminale(si veda la sequenza magistrale tra la tensione e l'ironia, con la gang di rapinatori e teppisti di strada portoricani capeggiata dal giovane Tito Goya morto prematuramente, che riesce a rendere inoffensivo persino uno come Peter Janeway), e ad un cast dalle grandi capacità indiscusse con una scrittura e dialoghi del genere, fascinosa solidità persino nelle parti mute(i due sgherri Richard Bright e Marc Lawrence, la storia del cinema di gangster sulle loro facce), supremo adattamento e doppiaggio italiano. Con Giannini su Thomas Babington "Babe" Levy/Hoffman, addirittura Glauco Mauri su Olivier/Szell, Luigi Vannucchi - Roy Scheider/ Henry David "Doc" Levy, Massimo Foschi - Fritz Weaver/ Professor Biesenthal, Solvi Stubing fa ovviamente la voce con accento tedesco di Elsa Opel/Marthe Keller.

Stefano Satta Flores per Janeway.

La parte iniziale parigina ha la stessa qualità filmica e dinamica di quella de "Il Salario della paura" (Sorcerer/Wages of Fear) Allora in lavorazione con la stessa Universal, di William Friedkin. Collaboratori tecnici unificati.

Un pò improbabile ma come nel romanzo omonimo di Goldman, l'ambientazione-rifugio latinoamericano di Szell, nel citato più volte Uruguay. Città-stato, piccola nazione sull'Atlantico e quasi interamente industrializzata e urbanizzata, con il resto del paesaggio naturale prettamente a utilizzo agricolo. A vedere le sequenze lacustri e tra foreste pluviali come amazzoniche, sarà e sembra, il ben più probabile Paraguay di Stroessner, già rifugio vero per un periodo, dello stesso Mengele. Forse, per non confondersi con il quasi coevo "I Ragazzi venuti dal Brasile".

Bello il parallelo tra l'amorale e cinico Janeway con Szell, sui rispettivi Paesi serviti e ironicamente "in cui credere" nei diversi momenti storici, visti solo come speculari espressioni dell'amoralità intrinseca, di ogni Governo. 

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