Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Uno dei migliori zombie-movie della Storia del Cinema (superato, forse, solo dagli zombie romeriani), probabilmente è il film più famoso di Lucio Fulci, e costituisce anche il punto di svolta della sua carriera, lanciandolo a livello internazionale (ma non nazionale, dove la critica lo accolse sempre con una pronta ostilità) come Poeta del Macabro.Accusato ingiustamente di plagiare “Dawn of the Dead” (in Italia "Zombi") di George A. Romero, in realtà l'opera fulciana, se da un lato si colloca sulla scia del modello romeriano, dall'altro se ne distanzia diventando un film totalmente unico: Fulci, infatti, abbandona la metropoli americana (presente solo all'inizio e alla fine) riportando la figura dello zombi nella sua "culla" d'origine, ovvero l'ambientazione haitiana (ripresa da Craven nell'ottimo "The Serpent and the Rainbow"). Inoltre, il look zombiesco creato da Giannetto de Rossi si differenzia dal look firmato Savini: se l'americano proponeva degli zombie "freschi" in cui il lato umano è facilmente riconoscibile, l'italiano invece propone dei cadaveri molto più putrefatti, aggiungendo anche dei simpatici vermi che rendono il risultato ancora più inquietante (e aggiungerei piacevolmente disgustoso). La stessa trama poi non ha proprio nulla a che fare con l'opera romeriana: "Zombi 2" si pone infatti come un film d'avventura, in cui a farla da padrone, oltre agli zombie, c'è la stupenda ambientazione tropicale.
La trama di per sé è semplicissima, ed è per lo più un pretesto per poter mostrare le immagini: infatti si nota una enorme cura per gli aspetti registici e visivi, e lo scopo principale del film è imprimersi in modo indelebile nella mente dello/a spettatore/rice, scioccandolo/a e colpendolo/a attraverso una lunga serie di scene assolutamente indimenticabili, come l’arrivo del battello, la resurrezione dello zombi nel cimitero, l’assedio dei/lle morti viventi, l’apocalittica sequenza finale.
La Scena, però, più memorabile, nonché forse la più celebre e apprezzata del film, è quella passata alla Storia come “Sequenza dell’occhio”. La scena vede la moglie del dottore trascinata dalla mano di uno zombi verso una scheggia di legno che le trafiggerà l’occhio. Oltre ad essere, a mio avviso, tra i migliori esempi di regia realizzati nella Storia del Cinema, questa scena rivela anche gli aspetti e i temi più frequenti nella Poetica Fulciana. L’attenzione per gli occhi è tipica di Fulci, e può rappresentare anche una metafora della perdita della ragione. E infatti il senso di angoscia che provoca questa sequenza nello/a spettatore/rice porta, in qualche modo, a sentire questo senso di oppressione e di sconcerto di fronte all'Orrre vissuto dal personaggio.
Dunque l’apparente disimpegno dell’opera nasconde in realtà una forte presenza di contenuti anche molto esistenziali. L’estrema violenza e il finale cupo del film, infatti, rivelano la visione profondamente negativa del Regista nei confronti del mondo, della società e dell’umanità, nonché un forte senso di disperazione provocata dalla perdita delle certezze, qui rappresentato dalla sconfitta della scienza (il dottor Menard) di fronte all’Irrazionale (gli/le zombi), e che nel successivo “Paura nella città dei morti viventi” sarà invece rappresentato dall’impiccagione del prete (dove la certezza della scienza fa posto alla certezza della religione).
Insomma, un Pilastro del Cinema Horror, imperdibile per chi si definisce un amante del Genere e/o un ammiratore del Maestro Lucio Fulci.
Voto: 9.
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