Regia di Victor Fleming vedi scheda film
Epitome del kolossal, Via col Vento resta l'opera più esemplificativa dell'epoca d'oro dei grandi studios di Hollywood e della della loro capacità di realizzare filmoni-evento in grado di portare sullo schermo epopee di ampio respiro in grado di meravigliare e catturare l'immaginazione del pubblico.
La travagliata produzione vide il licenziamento del regista originariamente scelto, George Cukor, sostituito da Victor Fleming , con alcune sequenze girate da Sam Wood e l'intervento pervasivo in ogni aspetto della realizzazione del produttore David O. Selznick che aveva acquistato i dritti del romanzo omanzo storico di Margaret Meade sulla Guerra di Secessione,con l'ambizione di trarne il più grande film di tutti tempi. Inoltre lo script fu sottoposto, a riprese già avviate, a numerose revisioni da parte di una decina di sceneggiatori, mentre la Meade si tenne alla larga non volendo fornire la sua consulenza . Tuttavia a dispetto delle traversie produttive il film mantiene, probabilmente grazie alla visione unificante di Selznick, una coerenza e una capacità di appassionare il pubblico per oltre tre ore e mezza intrecciando il romanticismo con l'affresco storico che permise al suo produttore megalomane di vincere l'azzardata scommessa di entrare nella storia della settima arte, con 10 Oscar (8 competitivi e 2 speciali) e incassi strabilianti che se rivalutatati con l'inflazione mantengono ancora oggi il record assoluto.
Via col vento (1939): Vivien Leigh, Clark Gable
Vivien Leigh, attrice inglese allora poco conosciuta che superò una feroce selezione per un ruolo bramato dalle maggior star di Hollywood, regge sulle sue spalle un'opera colossale di cui è protagonista assoluta, disegnando in Scarlett/Rossella O'Hara un personaggio femminile complesso che da ragazzina svampita e capricciosa si fa giovane donna volitiva e imprenditrice oculata per sopravvivere in tempi difficili, che giura che non patirà mai più la fame e con caparbietà ricostruisce la piantagione di Tara, che sa badare e se stessa e difendersi fino ad arrivare ad uccidere un soldato nordista, e che si fa all'occorrenza anche abile manipolatrice di uomini che seduce e sposa per raggiungere i suoi scopi. Rossella resta tuttavia per sempre intrappolata nel suo amore adolescenziale per Ashley e quindi divisa tra l'amicizia per l'angelica Melania e il desiderio proibito per suo marito , un segreto inconfessabile che segnerà di insincerità la sua vita affettiva, sia quella con i suoi tre mariti sia con l'amica. A salvarla è la lezione del padre, che la terra è la cosa più importante, l'unica che dura e che conta, e se le rimane la tenuta di Tara non tutto è perduto e domani è un altro giorno.
Quella di Rossella O'Hara è una storia di caduta e di rivalsa personale sullo sfondo storico del crollo rovinoso di un modello di società, quello del vecchio Sud schiavista, che si avviava al definitivo tramonto dopo la sconfitta militare e storica nella Guerra Civile. I rivolgimenti esterni impongono a Rossella di cambiare, di diventare astuta imprenditrice in un mondo che, crollati i vecchi privilegi dei proprietari terrieri schiavisti, è ormai dominato dalla competizione capitalistica spietata di cui sono portatori i vincitori yankee. Il personaggio di Rossella riflette innegabilmente i cambiamenti che l'avvio dell'emancipazione femminile aveva cominciato ad apportare alla figura della donna, risultando così espressione della mentalità del decennio della realizzazione del film più che di quello della sua ambientazione.
Via col vento (1939): Vivien Leigh
Clarke Gable brilla per il fascino sornione e l'ironia che riesce ad infondere al cinico Rhett Butler, con le sue battute taglienti , da “I can't go all my life waiting to catch you between husbands” all'epico “Frankly, my dear, I don't give a damn” con cui con si congeda senza tanti complimenti.
I protagonisti di Via col Vento sono due opportunisti che si pigliano perché in fondo assomigliano (“A dispetto vostro e mio e di questo mondo che ci crolla intorno, vi amo. Perché siamo eguali. Gentaglia, tutti e due. Egoisti e scaltri. Ma capaci di guardare le cose in faccia e chiamarle col loro nome”).
Olivia de Havilland con la sua Melania incarna invece l'eroina classica, al cento per cento buona , altruista e votata al sacrificio di sé , ma in questo film non è la protagonista.
Nonostante le polemiche fino ad oggi mai sopite sulla rappresentazione dei personaggi neri nel film sulla base di stereotipi negativi, Hattie Mc Daniel fu la prima persona nera a vincere un Oscar per il suo ruolo della balia Mamy, saggia dispensatrice consigli di buon senso (più della materna Mamy, il personaggio afroamericano che urta la sensibilità politicamente corretta mi pare quello della schiavetta scema Prissy interpretata da Butterfly McQueen).
La pellicola come il romanzo offre una rappresentazione simpatetica degli sconfitti della guerra civile e del mondo perduto del Vecchio Sud (“una civiltà volata via col vento”) per cui provano nostalgia, e per questo è stato accusato da più parti di romanticizzare lo schiavismo. Ma l'idea alla base di romanzo e film è soprattutto un tentativo di unire gli Stati Uniti in una visione nazionale in cui , senza mettere in discussione l'esito finale del conflitto, unionisti e confederati potessero comunque darsi conto reciprocamente delle rispettive ragioni e anche quelle dei perdenti avessero la possibilità di essere ascoltate.
Via col vento (1939): Hattie McDaniel, Clark Gable
Tutti i comparti della macchina produttiva hollywoodiana danno il loro contributo alla visione mastodontica di Selznick. Le scenografie curate da William Cameron Menzies con circa novanta set riempiti da un numero impressionante di comparse e integrati alla bisogna da sfondi retroproiettati e matte painting . La colonna sonora di Max Steiner con il suo immortale Tema di Tara. I costumi di Walter Plunkett con i corsetti e le gonne ad ampie falde (ce n'è persino un abitoricavato dalle tende di casa), e i cappelli a ricreare la moda dell'epoca con un occhio al gusto degli anni 1930.
Una menzione speciale merita la fotografia (pure il direttore della fotografia fu sostituito dall'incontentabile Selznick durante la lavorazione ed Ernest Haller subentrò a Lee Garmes): il Technicolor mai come prima infondericchezza visiva all'inquadratura tramite un uso vibrante del colore e della luce (il cielo infocato dall'incendio di Atlanta e il primo bacio tra Rhett e Rossella immersi in una luce completamente rossa dalla valenza espressionista) e anche delle ombre (quelle di Rossella e Melanie proiettate sul muro dell'ospedale mentre vegliano i feriti, Rossella e il padre ripresi in silhouette abbracciati sulla collina che incorniciati da un grande albero guardano la magione di Tara stagliarsi in lontananza , immagine richiamata nella scena finale che ci mostra la silhouette di Rossella nella stessa posizione a dimostrare l'importanza della lezione paterna).
Le riprese a campo lungo e ampio rendono efficacemente la grandiosità dell'ambientazione, mostrando quanto fossero enormi e maestosi i set. La fluidità e il movimento della macchina da presa, comprese le carrellate, contribuiscono al dinamismo del film ed alla potenza espressiva delle scene di massa : ad esempio straordinaria è la gru ascendente che allarga lentamente il campo visivo, mostrando Rossella attraversare una distesa di uomini feriti fino ad includere nell'inquadratura la bandiera confederata. E poi il terrificante incendio di Atlanta in cui crollano interi edifici divorati dalle fiamme, realizzato dando alle fiamme set di film precedenti tra cui anche King Kong.
Via col vento (1939): scena
Vantando queste scene memorabili, la prima parte del film risulta la migliore, in particolare la sezione della guerra ambientata ad Atlanta e l'avventuroso rientro a Tara, che contiene più compiutamente l'arco narrativo di maturazione della protagonista attraverso l'esperienza traumatica del conflitto. La seconda metà che affronta il periodo della Ricostruzione postbellica non mantiene costante la stessa intensità e accentua gli aspetti romantici melodrammatici, tuttavia Via col Vento riesce a non crollare sotto il peso della sua durata monstre e ci regala ancorabelle sequenze nel rappresentare la turbolenta vita matrimoniale di Rhett e Scarlett su cui continua a incombere l'ombra dell'amore ostinato della donna per il marito di un'altra, con un colpo di coda in un ottimo finale, né lieto né consolatorio, ma duro e doloroso perché le prove a cui la vita sottopone Rossella non sono ancora finite.
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