Regia di Dagur Kári vedi scheda film
C'è qualcuno che mi prende di mira, ma è normale nei posti di lavoro...
Chiuso in un mondo di modellini di fuoristrada e plastici di grandi battaglie della seconda guerra mondiale, Fusi fra un bicchiere di latte e l'altro, vive una vita da adolescente cresciuto (in tutti i sensi) all'ombra di una madre invadente ma mai messa in discussione. Fusi però ha 40 anni, lavora ai servizi a terra (scarica e carica i bagagli) del locale aeroporto e la cosa più carina che gli adulti dicono di lui è che è strano (o bizzarro); al contrario è amato dai bambini con i quali si pone ad un livello paritario di compagno di giochi.
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Storia minimalista di uno che a prima vista pare un perdente nato; un personaggio taciturno, portatore di una diversità che, come tutte le diversità - così riflette Laulilla nel suo commento - anche nella civile Scandinavia si tollerano sempre meno.
Eppure questo eccezionale incassatore conserva frammenti di orgoglio e di autostima tali da fargli provare l'emozione (l'ansia) di uscire fuori dai binari della routine e di sperimentare strade per lui nuove.
La innata incapacità di dire di no a chiunque gli chieda qualcosa, fosse anche il bullo che l'ha molestato tempo addietro, porterà Fusi ad avvicinarsi a qualcosa che potrebbe assomigliare ad una storia d'amore; e dopo di allora nulla più sarà come prima...
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Gunnar Jònsson, il protagonista, recita con la voce ma soprattutto col corpo, riuscendo a manifestare un tormento intimo che non può lasciare indifferenti. Ma fuori da drammatizzazioni e americanate, in questo paesaggio freddo e silenzioso senza sdolcinatezze né happy ending, arriva alla fine allo spettatore un messaggio di speranza e di ottimismo di cui si deve ringraziare il regista ed autore Dagur Kàri (a me prima sconosciuto) che pare sia arrivato alla sua quarta opera. Ovviamente generando curiosità per quelle precedenti.
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