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Profondo rosso

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Profondo rosso

di Letiv88
10 stelle

Un’opera che ha fatto scuola, trasformando eleganza visiva e tensione in icona del giallo all’italiana.

“Guardi bene, guardi bene, c’è qualcosa che non quadra.” Nel 1975 Dario Argento porta al cinema Profondo Rosso, il punto di svolta del suo percorso. Dopo i gialli classici come L’uccello dalle piume di cristallo (1970) e Il gatto a nove code (1971)Argento inizia a plasmare uno stile più ossessivo e visivamente audace, dove tensione, colore e suono diventano ossessione pura. Il rosso domina ogni scena, la musica pulsa come un battito costante e l’atmosfera cattura lo spettatore senza lasciargli respiro. È qui che il giallo/thriller italiano evolve verso l’horror ipnotico e iconico che esploderà con Suspiria (1977), segnando un prima e un dopo nel cinema di genere.

Durante una conferenza sul paranormale a Torino, la sensitiva Helga Ulmann (Macha Méril) percepisce una presenza minacciosa tra il pubblico e, visibilmente turbata, avverte chi le sta vicino che qualcosa non torna. Quella stessa sera, a casa sua, viene brutalmente uccisa, lasciando Marc Daly (David Hemmings), pianista inglese trapiantato in città, testimone involontario dell’evento. Marc, deciso a capire cosa sia realmente accaduto, si unisce alle indagini della giovane giornalista Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), e insieme osservano comportamenti sospetti e raccolgono indizi, mentre la sensazione che nulla sia come appare cresce costantemente.

Nel corso delle indagini, Marc va a trovare Carlo (Gabriele Lavia), suo amico, ma non lo trova a casa: incontra invece la madre di Carlo (Clara Calamai), ex attrice enigmatica e fragile, le cui parole e gesti ambigui alimentano ulteriormente il mistero. Parallelamente, la dinamica tra Marc e Gianna evolve; inizialmente diffidente verso il comportamento spregiudicato della giornalista, Marc si ritrova sempre più coinvolto nel loro rapporto, cercando insieme di districare la rete di sospetti e ambiguità che circonda gli omicidi, in un labirinto di tensione e mistero in cui ogni interazione rivela nuovi dettagli e avvicina alla verità.

Dario Argento dirige con uno stile ormai definito come il suo marchio: attenzione maniacale ai dettagli visivi, composizione delle scene studiata per generare tensione costante e movimenti di macchina che seguono lo spettatore dentro e fuori l’azione. Gli angoli obliqui e i primi piani parziali amplificano l’inquietudine, trasformando lo spettatore in osservatore ma anche in potenziale vittima. I movimenti della camera, calibrati tra fluidità e scatti improvvisi, accompagnano Marc nei suoi percorsi e anticipano spesso la minaccia. Il rosso domina molte scene come elemento simbolico di pericolo e ossessione, mentre i piani sequenza lunghi permettono di cogliere dettagli importanti senza stacchi netti, intensificando la suspense. Ogni inquadratura e gioco di luci e ombre amplifica la tensione, trasformando la storia in un’esperienza visiva intensa e coinvolgente.

La sceneggiatura, sviluppata da Dario Argento insieme a Bernardino Zapponi, nasce da un’idea già esplorata in precedenti lavori e prende forma definitiva grazie al contributo di Zapponi. Quest’ultimo ha voluto rendere l’orrore concreto, radicandolo in situazioni quotidiane e credibili, mentre Argento ha curato gli elementi chiave che costruiscono il cuore del mistero: la medium con le sue percezioni, la villa con i suoi segreti, i disegni nascosti sotto l’intonaco e lo sviluppo degli omicidi che guida l’indagine. La narrazione si sviluppa come un meccanismo preciso: ogni scena, dialogo e dettaglio funziona come un tassello dell’indagine, fornendo informazioni graduali senza svelare troppo presto la soluzione. Passato e presente si intrecciano, creando un percorso coerente che mantiene costante l’attenzione dello spettatore.

Anche il titolo diventa parte integrante della sceneggiatura: “Profondo Rosso” non evoca solo il sangue, ma la profondità dell’animo umano, l’oscurità nascosta dietro ogni gesto e la tensione costante che percorre il film. “Profondo” suggerisce l’indagine psicologica dei personaggi, mentre il “rosso” sottolinea violenza, ossessione e pericolo imminente, anticipando l’atmosfera che si respirerà in ogni scena.

Il cast dà vita a un mondo di tensione e mistero con interpretazioni precise e incisive. David Hemmings è Marc Daly, pianista inglese e testimone involontario di eventi terrificanti, la cui presenza bilancia vulnerabilità e determinazione, guidando lo spettatore attraverso un labirinto di sospetti. Daria Nicolodi è Gianna Brezzi, giornalista curiosa e spregiudicata. Sul set si consolidò la sua relazione con Argento; nel personaggio emergono tratti autentici del suo carattere, che rendono la dinamica con Marc intensa e credibile.

Gabriele Lavia interpreta Carlo, amico ambiguo di Marc, la cui presenza alimenta tensione e incertezza, mentre Clara Calamai è la madre di Carlo, ex attrice enigmatica e fragile: un ruolo breve ma chiave, capace di amplificare mistero e inquietudine. Anche personaggi minori come la sensitiva Helga Ulmann (Macha Méril) contribuiscono a costruire un clima di ansia e sospetto, rendendo l’esperienza cinematografica avvolgente e intensa.

Le riprese si sono svolte tra Roma e Torino, città scelte da Argento per la loro capacità di trasformare luoghi ordinari in scenari inquietanti. Torino diventa un vero labirinto di mistero: Piazza CLN ospita la casa di Marc e quella della sensitiva Helga, oltre al fittizio Blue Bar, sospeso tra realtà e pittura, ispirato al celebre Nighthawks di Hopper. Tra vicoli e scorci cittadini, la fontana della piazza assume un ruolo emblematico, diventando punto di osservazione e tensione. Il Teatro Carignano accoglie la conferenza di parapsicologia dove tutto ha inizio, amplificando la drammaticità dell’omicidio iniziale. Poco distante, la celebre Villa Scott, nota come la “Villa del Bambino Urlante”, ospita le sequenze più disturbanti: stanze murate, disegni nascosti e oscurità palpabile.

Roma contribuisce alla dimensione quotidiana ma carica di inquietudine: il Mausoleo di Santa Costanza fa da sfondo alle prove jazz di Marc, mentre il Liceo Ginnasio Statale Terenzio Mamiani, trasformato nella scuola Leonardo da Vinci, diventa teatro delle ricerche notturne di Marc e Gianna. Anche il Biellese entra nella geografia del film, con riprese al Castello di Montaldo Dora e al Ricetto di Candelo, aggiungendo un’atmosfera gotica e quasi fiabesca.

In ogni location, Argento trasforma lo spazio in protagonista, sfruttando luci, ombre e scorci insoliti, facendo della città stessa parte integrante del mistero.

La colonna sonora, intitolata anch’essa Profondo Rosso, è uno degli elementi più memorabili della storia dell’horror italiano. Dietro al suono c’è la band progressive dei Goblin, guidata da Claudio Simonetti, che mescola rock, jazz e sonorità elettroniche, trasformando ogni scena in un’esperienza quasi fisica per lo spettatore. Brani come “Profondo Rosso”“Death Dies” e “Mad Puppet” scandiscono momenti chiave della suspense e contribuiscono all’atmosfera inquietante del film.

Curiosamente, Argento aveva inizialmente pensato a un altro compositore e persino ai Pink Floyd, ma solo i Goblin riuscirono a dare al film la carica ipnotica e disturbante che cercava. La colonna sonora ha influenzato compositori e registi successivi, restando una pietra miliare del cinema horror.

Il film resta un capolavoro di eleganza visiva e precisione narrativa. Ogni inquadratura, scorcio cittadino e dettaglio scenografico costruiscono un mondo intriso di tensione e fascino inquietante, capace di catturare lo spettatore e immergerlo in un labirinto di ambiguità e sospetti. È un’esperienza sensoriale che fonde estetica, mistero e suspense in maniera unica.

Criticamente, segnò un punto di rottura: inizialmente accolto con curiosità e qualche perplessità, nel tempo si è affermato come cult movie e riferimento imprescindibile del giallo all’italiana, influenzando generazioni di registi. Le immagini iconiche – dalla fontana di Piazza CLN alla Villa Scott – hanno consolidato la sua identità visiva, diventando simboli riconoscibili del genere.

Oggi il film viene celebrato non solo per la storia e la tensione, ma anche per la straordinaria capacità di fondere bellezza, inquietudine e fascino in un unico, memorabile spettacolo cinematografico.

Profondo rosso (1975): Trailer ufficiale versione restaurata

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