Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Marnie soffre di cleptomania. Viene assunta da un ricco industriale, Mark Rutland che la scopre rubare ma, invece di denunciarla, decide di sposarla per aiutarla a scoprire le radici dei suoi problemi e a superare i suoi traumi infantili.
Marnie è uno dei film più profondamente psicologici diretti da Alfred Hitchcock. Colmo di significati nascosti e di simbolismo fin dalle prime immagini, che sono l’indizio principe attorno al quale si muoverà poi tutta la narrazione. La protagonista infatti ha un disturbo psichico causato da un trauma sessuale subito in giovane età e che si ripercuote ancora oggi sulla sua persona, incapace di prenderne atto e liberarsene. Sarà l’amore, che cura in ogni forma, a salvarla, in qualche modo, da un destino che sembra orribilmente già segnato.
Tippi Hedren è molto brava nel ruolo della donna fragile e indifesa accalappiata dal fascinoso Sean Connery (alquanto impostato per essere credibile fino in fondo) che per psicologica sostituzione, altri non è che quella mancante figura paterna dal quale gli deriva poi anche il mostruoso potere di plasmare una donna secondo i suoi neanche troppo reconditi desideri.
Marnie è ovviamente molto più di un thriller, di cui comunque possiede tutti i sacrosanti canoni, sfido chiunque a restare ansiogenamente indifferenti ogni volta che la donna si ostina a compiere un atto illegale; Marnie è una denuncia al maschile, in quanto essere che induce al possesso, ma è anche la parabola di una donna inizialmente incapace di liberarsi di un demone interiore che sconfiggerà regredendo fino all’infanzia e attraversando un inferno di emozioni dolorose che conducono alla perenne serenità.
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