Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film
Il film è ben realizzato con alcune scene da antologia: le riprese aeree tra le nubi quasi fosse un ricordo visto dal cielo; lo sposalizio secondo i costumi tradizionali milanesi, simili a quelli d'oltralpe; l'assedio notturno con le micidiali potenti catapulte; la forza della disperazione di pochi idealisti nel coalizzare un gruppo eterogeneo per estrazione e provenienza; il corpo a corpo finale... Potente soprattutto la figura del protagonista: Barbarossa (grande istrione Rutger Hauer) e il suo sogno di riedificare l'impero di Carlo Magno in un'epoca sbagliata, dipinto nella sua grandezza, spesso anche anche nella sua ferocia pur nella fragilità di uomo talvolta assoggettato alle volontà della regina. Il kolossal di Renzo Martinelli girato con enfasi e ritmo incalzante, merita senz'altro di essere visto. Supera sicuramente altri film osannati, spesso senza basi storiche, quali "Le Crociate", un tonfo di Ridley Scott supportato da una critica compiacente e di maniera. Talvolta la critica assume le sembianze del Pifferaio di Hamelin: un sistema di controllo sociale e politico per condizionare il pensiero comune. A me piace valutare con animo sgombro e quindi sono riconoscente al regista per un'opera che, in un'epoca di sbandamento collettivo, comunica ideali positivi e alla radice di quel che noi siamo. Massimo de Rigo
avvincente
attenta
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Ho scoperto da poco questo meritorio blog, specializzato nella segnalazione delle merdate leghiste: http://danielesensi.blogspot.com/
Meglio de LE CROCIATE? speriamo, questo film non l' ho ancora visto però mi atira abbastanza e lo vedrò prossimmente. La rivista non ne parlava bene ma non saebbe diciamo la centesima volta che non condivido il giudizio di Film tv. Il cast è ottimo, Raz Degan non è male come attore, spero sia meglio de I CAVALIERI CHE FECERO L' IMPRESA di Pupi Avati che non mi era piaciuto. Di Martinelli ne ho guardati diversi ( CARNERA, VAJONT... ) e non mi sembrano certo peggio di tanti altri film italiani contemporanei.
Riporto questo articolo di Leonardo Facco da http://domani.arcoiris.tv/chi-tocca-bossi-muore-la-lega-censura-la-tv/#more-11493: "Per certi versi, mi fa anche piacere sapere che il capogruppo alla Camera della Lega Nord non voglia confrontarsi pubblicamente col sottoscritto. Per altri, la vicenda che vi sto per raccontare dà la cifra di quale è il livello della censura nelle televisioni italiane. Partiamo da lontano. Nell’agosto dell’anno scorso, una giornalista de “La7” mi contatta per intervistarmi, dato che aveva saputo che stavo scrivendo un libro su Bossi. Ci incontriamo e mi intervista per un paio d’ore. Motivo? Nella nuova edizione di Exit una puntata sarà dedicata alla Lega. Gennaio 2011. La stessa giornalista (persona capace e perbene) mi ricontatta – aveva letto il mio libro – e mi reintervista (altre due ore). Motivo? Lo stesso: Exit inizia a Marzo e una puntata sarà dedicata alla questione Lega. Sabato 5 marzo. Mi telefona la redazione di Exit che mi vorrebbe in redazione, dato che han visto le mie interviste e han notato che so parecchie cose sui lumbard. Mi chiedono la disponibilità di andare a Roma in studio per la diretta. Do il mio assenso. Prima di chiudere la telefonata, la giornalista (un’altra) mi dà appuntamento al lunedì successivo per la questione volo ed hotel. Lunedì 7 marzo. Da Exit non mi arriva alcuna telefonata. Eppure, vengo a sapere di una certa fibrillazione sulla puntata relativa al partito di Bossi. La segreteria di Reguzzoni telefona a spron battuto per ricordare che “o in studio c’è chi è gradito a loro o salta la presenza del genero di Speroni e il collegamento con la sede di Laveno Mombello, dove una schiera di prolet son pronti a dimostrare che la Lega è bella, brava, democratica e pensa al bene del popolo. Martedì 8 marzo. La giornalista della redazione di Exit mi telefona verso le otto di sera: “Sa, ci sono problemi, c’è qualche pressione sulla trasmissione, bisogna cercare di fare una trasmissione equilibrata…”. La interrompo con una risata e le dico: “Guardi che conosco come funziona l’informazione in questo paese e noto che anche voi siete sensibili alle pressioni che vengono fatte dal regime leghista”. La mia interlocutrice cerca di minimizzare e cerca di confortarmi: “No, ma guardi che comunque andranno in onda dei servizi che sono forti e poi anche la sua intervista. Comunque, le lascio il mio cellulare e se durante la trasmissione volesse intervenire mi chiami”. Mercoledì 9 marzo. Di primo pomeriggio, comincio ad avere comunicazioni che parte della mia intervista è sottoposta a tagli mirati. A ridosso della diretta, il colpo ferale: la mia intervista esce anche dalla scaletta del programma. Alle 21, mi metto davanti al pc per seguire Exit. Nel parterre sono seduti: Marco Reguzzoni (signorsì per eccellenza e molto vicino alla moglie di Bossi); Gad Lerner; Flavio Zanonato (già sindaco di Padova dei Ds); Alessandro Sallusti (direttore della Gazzetta di Arcore); Paolo Flores d’Arcais (giacobino in stato permanente). Alla conduzione Ilaria D’Amico (no comment). Per quasi due ore si lascia dire a Reguzzoni più o meno quello che vuole. Fatto salvo un servizio su Renzo Bossi (ben fatto) e un “il federalismo municipale è ridicolo” di Zanonato, il resto è camomilla. Alle 22.50 alzo il telefono e chiamo la redazione, dove mi risponde la persona che mi aveva contattato. Le dico: “Scusi, ma Reguzzoni ha licenza di dire le cazzate che vuole? Sinceramente siamo al ridicolo…”. Mi interrompe: “Ma no, ora andrà anche la sua intervista, la vedo qui ancora in scaletta, a me non risulta che verrà tagliata, aspetti e vedrà!”. Alle 24 il circo chiude. Saluti, grazie a tutti e alla prossima puntata. Della mia intervista nemmeno l’ombra. Oltre alla censura vera e propria, ciò che dà fastidio è anche il comportamento ipocrita della mia interlocutrice in redazione, la quale sicuramente avrà obbedito alle direttive della D’Amico. Mi chiamano, mi intervistano per due volte e io do loro disponibilità. Mi invitano in trasmissione, poi si rimangiano l’invito. Mi dicono che comunque il mio intervento sarà trasmesso e non è stato trasmesso. Mi propongono di intervenire in diretta, ma quando chiamo evitano che io lo faccia dicendo che a minuti sarebbe andata la mia intervista. E come per il sottoscritto, la stessa sorte è toccata a molti altri che si son resi disponibili ad essere intervistati dalla inviata di Exit. La Lega Nord è regime, lo ho dimostrato col mio libro e vado in giro a denunciarlo ogni volta che mi invitano a presentarlo. Questi cialtroni e parassiti che urlavano “Roma ladrona” e chiedevano “l’abbattimento del regime della Stampa”, ora si fanno in quattro per riportare in vita l’O.V.R.A. e il Min.cul.pop. in salsa padana. Prossimamente, ve ne racconterò un’altra. Vi spiegherò come funziona il silenziatore a “L’Eco di Bergamo”, il bugiardino che un tempo odiava la Lega e oggi manda il suo direttore a festeggiare i 25 anni del Carroccio. Una storia tutta padana."
@jonas: inquietante ma non stupefacente; la Lega è, a tutti gli effetti, un partito come gli altri (nel senso italico del termine)....
Dopo tre anni la vendetta di Alberto da Giussano è arrivata. Il condottiero che, nella ricostruzione del regista Renzo Martinelli (caro amico di Umberto Bossi), sfodera la spada e muove contro il tiranno e coalizza i comuni lumbard. Ci siamo, domenica e lunedì torna su Rai 1 a riempire uno schermo di simboli antichi che galvanizzano la Lega Nord. Ci voleva la coppia Lorenza Lei-Antonio Marano (leghista), direttore generale e uomo palinsesto, per resuscitare una pellicola già stroncata per una volta insieme dai critici e dal pubblico. La pellicola fu realizzata nel 2008, finanziata per 4,5 milioni di euro da Rai Fiction e 2,6 da Rai Cinema e il distributore 01 per volere della Lega di Umberto Bossi, è finita al cinema per un breve periodo (uscì nelle sale il 9 ottobre 2009). Il film totalizzò nel primo weekend di uscita appena 402 mila euro d’incasso; per arrivare a 830 mila euro il 22 novembre. Ed è costata 12 milioni. Ora domenica 25 e lunedì 26 la fiction (con Rutger Hauer nei panni del cattivo Federico I, Raz Degan in quelle del prode condottiero e Kasia Smutniak in quelli della bella) verrà trasmessa su Raiuno in prima serata. A pochi giorni dalla scadenza del Consiglio d’amministrazione di viale Mazzini e in un periodo a dir poco delicato per la Rai: quello di garanzia, in cui la tv pubblica e Mediaset si giocano la partita degli ascolti piazzando il meglio. Partita da cui dipendono i futuri investimenti pubblicitari. La degna fine, quindi, per una fiction di regime. Dunque conviene ricordare la telefonata tra il Berlusconi premier e l’ex direttore di Rai Fiction Agostino Saccà. Berlusconi: “Senti, io avevo bisogno di vederti… Perché c’è Bossi che mi sta facendo una testa tanto… con questo cavolo di… fiction… di Barbarossa… Puoi chiamare la loro soldatessa (allora come oggi Giovanna Bianchi Clerici, ndr) che hanno dentro il consiglio… dicendogli testualmente che io t’ho chiamato… che tu mi hai dato garanzia che è a posto”. Saccà: “La chiamo subito, presidente”. Berlusconi: “Chiamala, perché ieri sera… a cena con lei e con Bossi, Bossi mi ha detto: ma insomma, di qui, di là…”. Saccà: “Allora diciamola tutta, Presidente… Il signor regista ha fatto un errore madornale perché un mese fa ha dato un’intervista alla Padania, dicendo che era tutto a posto perché aveva parlato col Senatur… Il giorno dopo, il Corriere scrive… che Saccà fa quello che gli chiede la politica…”. Berlusconi: “Chi è il regista?”. Saccà: “Il regista è Martinelli, che è un bravo regista, però è uno stupido, un ingenuo, un cretino proprio… Un cretino, mi ha messo in una condizione molto difficile, perché mi ha scritto un articolo sul Corriere della Sera e poi, non contento, Aldo Grasso sul Magazine del Corriere della Sera scrive: il potente Saccà fa quello che gli dice Berlusconi e basta… Che poi non è vero, lei non mi ha chiesto mai… Lei è l’unica persona che non mi ha chiesto mai niente… Voglio dire…”. Berlusconi: “Io qualche volta di donne… E ti chiedo… perché…”. Saccà: “Sì, ma mai…”. Berlusconi: “… per sollevare il morale del capo…”. (Risate) Ecco. Quando manderanno in onda il Barbarossa, dovrebbero farlo precedere dalla registrazione di questa telefonata. Così, tanto per ricordare come nasce un capolavoro. [Francesco Ridolfi e Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano, 21 marzo 2012]
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