Regia di Peter Medak vedi scheda film
Durante il periodo delle case infestate uscì dal Canada questo film diretto da Peter Medak: un peccato che ebbe il destino di passare inosservato ai più, visto che oltre ad avere tanto da offrire, possiede svariate scene che ispireranno successive pellicole del genere horror.
Cosa possiamo dire dunque del film in questione? Sarà banale, ma si può comprendere tantissimo solamente dalla lettura del titolo; in una sola parola chiarisce ciò su cui si regge il film, un vocabolo che coloro i quali posseggono buone conoscenze dell'inglese avranno già tradotto. "Bambino scambiato".
In pochi, però, sapranno che questo termine deriva dal folklore inglese, dove esistevano racconti di fate che rapivano figli di grande beltà per mettere al loro posto dei bambini brutti: essi erano chiamati per l'appunto "changeling".
Persino Shakespeare fa uso di questo termine in "Sogno di una notte di mezza estate" precisamente in questi precisi passaggi:
"She never had so sweet a changeling
And jealous Oberon would have the child"
Medak, dunque, centra un ottimo titolo: esplicativo e, perchè no, fiabesco. Ciò che John Russel troverà nell'immensa villa, non sono però troll, elfi o altre creature magiche, ma uno spirito vendicativo che cerca in tutti i modi di comunicare con chiunque gli si presenti: sembra essere un ennesimo incipit per il classico demone o spettro che infesta una dimora, ma invece, Medak ha la saggia idea di stravolgere l'intera storia inserendo un orco delle favole, prettamente umano, che compie un delitto orribile, ponendo John (e lo spettatore) in una posizione di alleanza con l'anima incorporea per svelare ciò che si nasconde in quella casa.
La ghost story di Medak ha il pregio, dunque, di aggiungere ad una trama delle più classiche una buona dose di mistero, più una colpevolezza assolutamente umana, che può far riflettere il pubblico sulle tragedie della vita: quali siano un incidente automobilistico o un omicidio a fini economici, sempre e comunque causate dall'essere umano opportunista o disattento.
Vi è però un finale eccessivamente spietato, a cui non basta palesare la realtà, ma vuole punire crudelmente un innocente inconsapevole delle colpe del padre.
Il lungometraggio non è invecchiato benissimo, in particolar modo per quanto riguarda la fotografia: il fascino per il rétro non basta a giustificare le uniche due tonalità di colore che si susseguono per tutto il film. Un azzurro - arancio volutamente sfumati ed un nero che più oscuro non si può. Già ai tempi non poteva reggere con altre produzioni, figuriamoci adesso.
In più, George C. Scott è sì, il migliore sul set, anche perchè basta guardare la penosa interpretazione di Trish Van Devere, che non è credibile un solo istante nel suo parlare continuamente come fosse un nastro registrato, ma comunque, Scott delude lo stesso: da lui ci si aspettava decisamente di più, per un simile film risulta troppo imbalsamato e spento, in particolare durante le scene più orrorifiche, dove si notano le sue reazioni che vengono simulate malissimo.
Purtroppo non è esclusivamente un problema di cast se alcune scene sono poco esaltanti o ripetitive: la sceneggiatura ha le sue colpe, esse non sono per niente originali e credibili e per di più i dialoghi si limitano a riprendere e scimmiottare frasari già sentiti in altri film dell'orrore o gialli. Fortunatamente la ripetitività e la piattezza della prima parte viene presto scalzata da un'atmosfera più coinvolgente ed esoterica.
Tutto grazie a Medak che se la cava magistralmente: riesce a mantenere e costruire una certa dose di tensione per tutta la durata del lungometraggio, ma il suo grande merito è soprattutto nei movimenti di macchina sinuosi e ricercati, aventi inquadrature innovative per l'epoca che influenzeranno tanti altri film a venire: tante le scene tetre e spaventose che Medak con la sua cinepresa riesce a inscenare, tra cui possiamo certamente citare l'esterno della villa che lascia intravedere su una vetrata rossa la figura in ombra di una persona; porte che si socchiudono; medium che scrivono follemente su dei fogli, e la famosa scena della sedia a rotelle.
Il film convince ancora di più nelle musiche, dobbiamo ringraziare Rick Wilkins se ancora oggi questa pellicola riesce a colpirci: oltre all'aria di malessere che riescono a dare delle musiche pesanti e ridondanti, ci sono i rumori della casa che rimbombano nei suoi anfratti più cupi; la colonna sonora è ossessiva e fa crescere gradualmente un senso di disagio e oppressione.
Non vi è alcun sbalzo di volume, bastano queste musiche minacciose aggiunte a scricchiolii e colpi in una vasca a rendere il senso del pericolo e a trasmettere ansia. Insostenibile la scena in cui vengono lentamente ripresi gli oggetti impolverati in una stanza segreta, è lì che sicuramente le musiche hanno il loro picco più alto.
Una pellicola di pregevole fattura, che merita di essere vista dagli amanti del genere e non solo; Medak crea scene di suspance che rivedremo tante volte in futuro e senza strafare nell'orrorifico.
Purtroppo il tempo passa e la pellicola non regge bene agli anni che vengono, in più la brutta sceneggiatura e qualche parte obsoleta e poco convincente ne abbassano la qualità.
Da recuperare, ma soprattutto, si spera che gli vengano tributati il giusto valore e importanza che ebbe per il genere.
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