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La fiammiferaia

Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La fiammiferaia

di omero sala
7 stelle

TRILOGIA DEL PROLETARIATO 

(o DEI PERDENTI):

- Ombre nel paradiso (1886)

- Ariel (1988)

- La fiammiferaia (1989)

di AKI KAURISMÄKI

 

La trama, l’intreccio, le storie narrate nei tre film sono irrilevanti. 

Comunque eccole:

 

Ombre nel paradiso racconta di un netturbino, Nikander; che si innamora della cassiera di un supermercato: lei ruba l’incasso perché viene licenziata ingiustamente; lui restituisce il malloppo per evitarle guai con la giustizia. Una notte viene bastonato da due balordi e finisce in ospedale. Esce dall’ospedale, reincontra la donna e le propone di fuggire all’estero, lontano da tutti i problemi. L’amico, netturbino anche lui, li accompagna col camion della nettezza urbana al porto d’imbarco per l’Unione Sovietica. (Allegria!)

 

Ariel racconta di un minatore che resta disoccupato e decide di partire per la capitale sulla Cadillac lasciatagli dal compagno di lavoro suicida. (Allegria!)

Anche lui, come il Nikander di Ombre nel paradiso, viene bastonato da due sbandati e rapinato, conosce una emarginata come lui (Irmeli divorziata con un figlio), finisce in galera, evade con il suo compagno di cella, rapina una banca per pagarsi una fuga all’estero, si scontra coi mandanti della rapina che uccidono il suo complice, li ammazza, seppellisce l’amico e si imbarca per il Messico con Irmeli e il suo bambino.

 

La fiammiferaia racconta la storia di un’altra infelice, Iris, che incontra e si innamora di Aarne che la crede una prostituta. Iris scopre di essere incinta. Viene cacciata da casa e liquidata da Aarne con 10.000 marchi. Compera del veleno per topi e lo somministra prima ad Aarne, poi ad un avventore di un bar che le fa delle avances, infine ai suoi genitori (la madre e il patrigno).

Il giorno dopo viene arrestata.

 

Quel che conta in questi tre film, e quel che li accomuna, è l’atmosfera angosciante che vi si respira; la disperazione che trasuda dalle facce,la straziante sofferenza che tracima dai gesti e dagli sguardi. la desolazione degli ambienti (interni squallidi e periferie allucinanti), la cupa aridità delle relazioni fra emarginati, Non funziona nemmeno la solidarietà di classe, visto che tutti quelli che si scannano a vicenda appartengono al più brutale sottoproletariato urbano. Questo sconfortante condensato di angosce è così greve da sembrare inverosimile.

 

I dialoghi stranianti sono asciutti al limite del grottesco, ma nessuno se ne cura: l’atroce solitudine dei personaggi rende irrilevante la coerenza dei “ragionamenti”; la disperata irrazionalità dei colloqui rende superflua la comunicazione fra estranei così come l’empatia fra disperati fa sì che bastino poche battute illogiche a stabilire una comunanza di senso.

Le diverse condizioni sociali determinano forme di comunicazione diverse.

I sommersi (gli invisibili) sono alieni - e alienati - che non parlano la nostra lingua e spesso non parlano per nulla; non urlano, non rivendicano nulla, non resistono ma sopravvivono, fra sigarette (tante), vodka e musica improponibile che esce da radioline scassate. 

Sono imperturbabili perché consapevoli della immodificabilità della loro condizione,

Il mondo attorno a loro li ignora e loro sono consapevoli di esserne irrimediabilmente separati. 

 

Nessun paragone è possibile fra questo minimalismo asciutto e altri neorealismi (italiani, russi, polacchi o francesi). Oso un piccolo paragone: in Ariel la nave che dovrebbe salvare il protagonista è irreale come il Rex di Amarcord, e irraggiungibile (come il transatlantico di Fellini che appare come in un sogno e scompare per sempre).

 

 

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