Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Una storia vera, autentica e commuovente nella sua semplicità. Un film profondamente e seriamente anticapitalistico, nonostante varie scelte senza dubbio commerciali che lo percorrono. Un raro caso di film semitelevisivo, adatto ai clichè nazional-popolari – che pure portano un ottimo messaggio, contrario agli altrettanto – e molto più potenti – cliché del capitalismo che da noi imperversano indisturbati su oltre i 90% dei media più diffusi.
È vero che Ovidio Marras, anziano pastore sardo, si sia opposto ad un cartello del cemento molto potente – composto addirittura da Marcegaglia, Toti, Montepaschi, Caltagirone e Benetton – ed abbia vinto in tribunale, in quanto aveva ragione, diritto alla mano: è vero, ma è incredibile, in un’Italia che è – purtroppo, ma non proprio a svantaggio di tutti – anche una storica patria della corruzione. La quale – dati statistici alla mano – si esercita soprattutto nell’edilizia.
Pregevoli tante scelte di montaggio, che contrappongono: l’umile desco del pastore a quello stellato dell’imprenditore; i loro mezzi di locomozione; le dimore. Ma soprattutto la vista attigua: quella della spiaggia è impagabilmente più bella di quella dei palazzi e dei grattacieli milanesi.
Il messaggio è – sotto il profilo educativo e umano in generale - meraviglioso: il semianalfabeta pastore non cede ciò che ha di prezioso in cambio di nulla. Per lui, il “ritorno a casa”, filosoficamente parlando, è inestimabile: ritorno nei suoi affetti, in ciò che gli permette di essere, a suo modo, felice. Quindi, legittimamente, in ciò senza cui non può stare bene. Che non ha prezzo. Nonostante le lusinghe di un capitalismo che - col potere del denaro - mercifica tutto, rovinandolo per puro interesse venale. Lodevole è la sottolineatura dello squallore educativo capitalistico: la famiglia del ricco disumano è più disumana di lui, anche perché è stata mal-educata tramite quei dis-valori.
La semplicità del dialetto amplifica una tensione morale eccezionale: solo essendo semplici, radicati nelle proprie condizioni di esistenza, si può essere felici, sé stessi. Qualcosa che non si può mai perdere, se non si vuole essere autolesionisti. Qui il sovranismo mostra i suoi pregi – contro il capitalismo della globalizzazione, qui quello delle vacanze - rinunciando ai suoi difetti.
L’ambientalismo – sempre necessario, nonostante, le vergognose campagne avverse degli ultimi anni, ben pagate da chi ha interesse a inquinare e gestisce mass media – qui conosce un buon capitolo nuovo, e relativamente inedito.
Tante scene sono toccanti, e nient’affatto superficiali, scritte dal regista Milani: come quella dello sradicamento dei mirti (o affini); delle ruspe che minacciano il recinto; del divertimento del burbero pastore in mezzo al suo mare; delle foto di famiglie allegre attorno al proprio mare, non ancora privatizzato ad uso e consumo esclusivamente di minoranze benestanti, come i fruitori degli alberghi di lusso.
Altre scene mostrano gli inganni tipici del capitalismo, come quello dell’avvocato dal sorriso accogliente e falso, che cerca di far firmare un contratto contro l’interesse del suo cliente.
Ottimamente rappresentato è il ricatto della scelta obbligata fra occupazione e diritti (qui i diritti dell’ambiente): una seria politica occupazionale non può mai costringere a svendere nulla di determinante.
Gradevole è pure la satira, tanto del potere politico, quanto di quello religioso, oltre che di quello delle forze dell’ordine.
Eccellente è pure la critica sociologica dell’alleanza malsana contro le minoranze che resistono agli errori delle maggioranze. Minoranze offese, emarginate: che però non possono - se non vogliono vergognarsi nella loro coscienza – adeguarsi ai limiti ed agli errori delle maggioranze, nonostante queste – come nel presente caso – siano parzialmente legittimate a richiedere deroghe ai diritti, in funzione della propria lotta alla disoccupazione.
Bravi gli attori - specie il laido boss capitalista Abatantuono - anche se spesso ingessati dalle richieste di semplificazione retorica e commerciale.
Un film senza grandi pretese estetiche, ma – sotto il profilo pedagogico e civile - decisamente raccomandabile, per ogni tipo di pubblico.
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