Regia di Simon Stone vedi scheda film
E fu così che lo spettatore rimase anch’esso “stuck on board”, ovvero: un pullman per Roccaraso.
Al largo dei norvegesi fiordi norreni (quindi in piene acque territoriali israeliane, direi*), interpretati per alcune riprese non di raccordo dalla tidale Isola di Portland, collegata alla terraferma regnounitica (Dorset, Inghilterra) dal tombolo naturale della mcewaniana Chesil Beach, Simon West, che mi aveva convinto, e financo assai, con “the Dig” (e la nave, questa volta, sarebbe stato meglio affondarla/seppellirla), perde la rotta “svendendosi” (va bene “anche” Balzac se proprio Marx & Engels vi sembrano troppo ardui) al Capitale (quella parte preponderante della Major, in questo caso Netflix, che cercano di renderla “giustificabile” con la scusa del “Produco tonnellate di merda per poterne ricavare qualche carato di diamanti!”) collaborando pure alla sceneggiatura che Joe Shrapnel & Anna Waterhouse hanno ricavato dall’adattamento che Emma Frost (troppe mani?) ha tratto dal romanzo di Ruth Ware** di quasi un decennio prima (che non ho letto, ma che - così, a naso - spedirei per lo meno al purgatorio con l’imputazione di complicità in narrativicidio e cinemicidio***).
* Chissà se fra una decina di anni questa battuta funzionerà ancora: spererei di no.
** «Qui bisogna trovare un titolo accattivante. Hm… “L’Inquilino del Terzo Piano” c’è già, ed è tutto frutto di quei geniacci dei distributori italiani… Io poi ho sempre pensato che “The Shining” dovesse chiamarsi “La Vecchia della Camera 237”… Trovato!»
*** Sarei lieto di essere smentito.
Quel che manca, in una parola, è un magari minimale sforzo di caratterizzazione, tanto dei personaggi quanto degli ambienti: il film dura poco, e questo è un bene, ma paradossalmente se si fossero dedicati 15 minuti in più tanto all’esplorazione del super-yacht (interpretato dal Savannah, battente bandiera delle Isola Cayman e attualmente di stanza tra Palm Beach e Grand Bahama) e alla rifinitura degli ospiti a bordo quanto al prologo e all’epilogo sul “continente” (si fa per dire) d’Albione, chissà, ma, stando così le cose, giusto per farsi un'idea (di un film che non ne ha alcuna e ne ricicla in loop), siamo lontani anni luce anche solo dagli ultimi Kenneth Branagh sull'Orient Express, sul Nilo e a Venezia.
La cosa “tremenda”, infine, è che, purtroppo, con la mezz’ora di montato non ancora scoccata, si capisce (non “intuisce”: ca-pi-sce: «Capisc?» - «Sì, tutto, tranne “Capisc?”») già il “cosa” (anche se per il “come”, SF, e il “perché”, $, ci vorrà qualche manciata di minuti in più), e l’attenzione perde quell’unico moschettone di pastafrolla (a parte una fugace e sprecata riapparizione della Kaya Scodelario di “Skins”) che le impediva di precipitare nell’oblio, così come alcune cadute nel ridicolo, ad esempio tutto il pre-finale coi nostri eroi e anti-eroi (superstiti) sbarcati nelle scandinave lande vichinghe che già furono innalzate al Valhalla da re Harald I Hårfagre.
Accanto alla protagonista Keira Knightley (“The Jacket”, “Domino”, “Never Let Me Go”, “A Dangerous Method”, “Black Doves”) galleggiano - ed è una questione di puro mestiere - Guy Pearce (L.A. Confidential, Memento, Prometheus, Brimstone, Domino, the Shrouds, the Brutalist), Davd Ayala (“Star Trek: Discovery”), Amanda Collin (“Raised by Wolves”), Art Malik (“Homeland”), David Morrissey (“Red Riding”), Christopher Rygh (“the Head Hunter”), Lisa Loven Kongsli (“Turist”, aka “Force Majeure”) e con loro la fotografia di Ben Davis ("Seven Psychopaths", "Three Billboards Outside Ebbing, Missouri", "The Banshees of Inisherin", "Cry Macho"), il montaggio di Katie Weiland & Mark Day e le musiche di Benjamin Wallfisch (A Cure for Wellness, Blad Runner 2049, the Invisible Man, Wolf Man), mentre carina è la “We Were Just Here” di Just Mustard sui titoli di coda.
E fu così che lo spettatore rimase anch’esso “stuck on board”, ovvero: un pullman per Roccaraso.
Ma ovviamente, come ci insegna il buon - parlandone da (redi)vivo - Giorgio Montanini, non vale il rimborso.
E sì, “The Woman in Cabin Number 10” è un film che ha più asterischi-note che asterischi-stellette.
* * ¼/½ - 4.75
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