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Honey Don't!

Regia di Ethan Coen vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Honey Don't!

di alan smithee
7 stelle

locandina

Honey Don't! (2025): locandina

AL CINEMA / FESTIVAL DI CANNES 78 - FUORI CONCORSO

"Grazie lo stesso. Io mi tengo il mio dildo: mi aiuta ad aprirmi davvero e non è attaccato ad un individuo viscido". Così si esprime la tosta detective Honey O'Donahue (di nuovo Margaret Qualley, conturbante ancor più che in Drive-Away Dolls), soprattutto quando è motivata dal trovarsi di fronte una fauna maschile emotivamente, caratterialmente ed attitudinalmente assai discutibile.

" Mi piacciono le donne! "

ripete Honey, senza scomporsi troppo, reagendo sorniona alle inutili e puerili avances che un inetto detective ciarlatano quanto inconcludente le rivolge ogni volta, senza capacitarsi del fatto che gli uomini proprio a Honey non interessino affatto.

La detective si reca al commissariato per indagare su quello che la polizia frettolosamente classifica come un incidente di macchina. In apertura infatti una magistrale ripresa cattura una bellissima donna che pare Valentina di Crepax, in procinto di scendere, con una certa titubanza a causa dei vertiginosi tacchi alti indossati, da un burrone ove si è appena schiantata una macchina con dentro una donna.

La determinata bella femmina si allontana solo dopo aver sfilato alla sventurata vittima un vistoso anello riportante una croce.

Margaret Qualley

Honey Don't! (2025): Margaret Qualley

Chris Evans

Honey Don't! (2025): Chris Evans

Altri indizi inducono Honey a contattare l'affascinante giovane prete (Chris Evans, molto a suo agio in un ruolo folle che pare divertirò a assai) che accoglie a sé anime frotte di fedeli, pronti a tutto pur di servire quella che il bel predicatore definisce come parola di Dio.

Intanto gli amori vanno e vengono, e nel letto o dal bancone del bar Honey si spupazza le ragazze che non resistono alla innegabile avvenenza della giovane detective, alle prese anche con alcuni problemi legati alla numerosa famiglia disfunzione della sorella di Honey.

È un vero spasso il secondo capitolo della divertita e frizzante, stilizzata trilogia lesbo/pulp che la nuova coppia cinematografica (pur unita nella vita vera), formata da Ethan (fratello minore di Joel) Coen e Tricia Cooke, sta completando dopo il già stuzzucante Drive-Away Dolls del 2023.

In molti ora arricciano il naso di fronte a questa nuova coppia cinematografica, soprattutto ripercorrendo la filmografia impeccabile e cinefila degli straordinari Coen, inseparabili fino al 2018.

Tuttavia in questo dittico stiloso e frizzante, emerge prima di tutto un amore per il racconto cinematografico che omaggia eccessi, violenze, movenze e dinamiche di un cinema dei bei tempi. Uno stile che esalta il vintage in un deserto californiano in cui il tempo pare sospeso e una decapottabile azzurra retrò targata Honey Don't figura in modo assai pertinente, soprattutto se condotta da Margaret Qualley bella nel suo sguardo conturbante degno di una diva d'altri tempi, con occhioni che conquistano in modo stordente, con il boccolo nero mosso alla perfezione da una ventola posizionata in modo strategico per rendere naturale un movimento simulato da immagini di repertorio che scorrono sullo sfondo, perfettamente contestualizzate come in una scena movimentata d'auto di un film di Hitchcock.

Aubrey Plaza, Margaret Qualley

Honey Don't! (2025): Aubrey Plaza, Margaret Qualley

Charlie Day

Honey Don't! (2025): Charlie Day

Tutto è sopra le righe, a partire dall'irresistibile prete bello sessuomane e spacciatore interpretato da Evans, che irrerisce le sue fedeli e le sottopone a orge e punizioni sessuali, vestendo uno striminzito joke-strap che egli ostenta seminuto dinanzi ai propri fedeli più intimi, tutti ottusi o cerebralmente piuttosto lenti, senza porsi il minimo problema, quando costoro lo raggiungono per sapere come comportarsi.

Honey Don't! celebra la festa del racconto sopra le righe, e festeggia il trionfo della donna virago che sceglie finalmente con chi accoppiarsi, rifuggendo una mascolinità greve ed ottusa che non sa andare oltre una violenza fine a se stessa, qui messa ko da una scaltrezza femminile orgogliosa e convinta, che il cosiddetto sesso forte, in quel deserto di sabbie e uomini inetti, davvero non conosce.

Ethan senza Joel, risulta senza dubbio più caricaturale, smargiasso, meno profondo, meno autoriale, ma il sapiente lavoro di regia e di scrittura sui personaggi che appare innegabile riconoscergli, responsabile di figure dai contorni memorabili per quanto esagerati se non assurdi, costituisce un omaggio pertinente e sentito al bel cinema thriller senza troppi ostacoli puritan o morali dei bei tempi d'oro, tra i '60 e i '70, figlio di produzioni indipendenti che purtroppo oggi sarebbero irripetibili, se non riproposte nel loro stile vintage, da autori illuminati e cinefili come lo è certamente Ethan Coen.

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