Regia di Ron Howard vedi scheda film
Nel pieno della crisi economica seguita alla I Guerra Mondiale, Friedrich Ritter (Law, sdentato e anche in costume adamitico) e la sua compagna Dore Strauch (Kirby), affetta da SLA, raggiungono l'isola deserta di Floreana, nelle Galapagos, dove Friedrich intende scrivere una nuova filosofia radicale che possa salvare l'umanità da sé stessa. I suoi scritti arrivano in continente, attirando prima l'attenzione di una coppia, che si stabilisce lì nel 1932 con figlio malaticcio, e, successivamente, quella di una sedicente baronessa (de Armas), che vorrebbe costruire lì un resort di lusso. Satanica, manipolatrice e convinta dei propri mezzi, in ossequio al principio del divide et impera, la donna farà di tutto per creare disaccordo tra le due famiglie dell'isola, con conseguenze irreparabili.
Basato sul racconto dei superstiti di quell'incredibile vicenda, Eden è - con Cinderella Man e Rush - uno dei film più riusciti dell'ex ragazzo dai capelli rossi di Happy Days. Qui, infatti, Ron Howard devia decisamente da molte delle sue opere precedenti, per costruire un intreccio nel quale si mescolano racconto d'avventura, thriller e - soprattutto - dinamiche psicologiche sul solco di un'analisi a mezza strada tra Rousseau e la sociologia, mostrando la piena violabilità dei principi da cui è mossa la coppia protagonista. Il risultato è un film che si finge survival thriller ma strizza l'occhio alla commedia grottesca, incerto se rifarsi a Herzog o a un reality show estremo. Ogni personaggio sembra uscito da una diversa biblioteca ideologica: il filosofo nudista e nichilista, la discepola-amante arcigna, il borghese in fuga e la baronessa disneyana con tre servitori e zero freni inibitori. Quando la natura si fa ostile e l'erotismo involontario, Howard si diverte a spingere la macchina narrativa verso derive sempre più teatrali, ma senza mai perdere il controllo del timone. Non tutto convince, ma Eden riesce a restituire il ritratto beffardo e amaro di un'utopia che si autodistrugge nel momento stesso in cui pretende di rigenerare il mondo. Un racconto che, senza prendersi troppo sul serio, mostra come anche nei luoghi più remoti finiamo per ricreare - in piccolo e con più zanzare - gli stessi conflitti da cui volevamo fuggire.
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