Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Come è stato detto e più volte ribadito , se bastassero le buone intenzioni, ci sarebbero tantissimi ottimi film, incluso questo, che è talmente pieno di luoghi comuni cinematografici – sull'Italia, su Napoli, sull'America, sugli italoamericani, sugli afroamericani ecc. - da sembrare un film di almeno settant'anni fa. In effetti, leggendo i crediti, si apprende che il soggetto originale fu scritto da Tullio Pinelli e Federico Fellini, per quanto l'argomento non mi sembri vicino alle corde artistiche del regista riminese.
Aiutato dall'interpretazione di attori quanto meno simpatici, ben servito da una fotografia impeccabile, Napoli-New York sconta una colonna sonora al tempo stesso stereotipata (Mascagni, varie tammurriate) e incongrua per un film ambientato nel 1949 (Tom Waits, Katie Melua, Bruce Springsteen).
Anche se vuole lanciare un monito sugli odierni razzismi e contro l'utilizzo di metodi troppo drastici contro l'immigrazione – anche noi siamo stati emigranti, tanti anni fa! - Salvatores scade, come gli è già capitato almeno nei suoi ultimi dieci/dodici film, nel luogo comune, descritto con stile mieloso, all'insegna di un'etica buonista (prendo in prestito anch'io un termine abusato, ma quando ce vo' ce vo'), diversamente digeribile.
Prodotto purtroppo non isolato nel panorama del nostro cinema mainstream (mi viene da pensare agli ultimi lavori di un regista più terragno come Virzì), questo Napoli-New York, a meno di un anno dalla sua uscita, rischia di vedersi ridotto al rango di ingenua fiaba post-neorealista, travolta dalla brutalità dei recenti sviluppi della politica interna ed estera americana.
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