Regia di Barry Levinson vedi scheda film
Due vecchi amici d’infanzia (interpretati entrambi da De Niro con due centimetri di cerone addosso) si litigano il ruolo di boss dei boss: sono Frank Costello e Vito Genovese.
L’ottuagenario Barry Levinson (qui alla quinta volta in combo con De Niro, altro ottuagenario, a pochi anni di distanza dall’ottimo The Wizard of Lies) dirige un film svogliato, pieno di stereotipi e con ritmo monocorde, dove la verbosità della voce off del personaggio di Costello si mangia buona parte delle due ore di film. E mentre scorrono le immagini, lo spettatore ha tutto il tempo per riflettere sull’entropia dell’universo o sulla lista della spesa. The Alto Knights è il tipo di mafia movie che, anziché ringiovanire un genere, lo accompagna serenamente in hospice. Levinson sembra più interessato a omaggiare se stesso che a raccontare qualcosa di vivo: la regia si muove col pilota automatico, la fotografia di Dante Spinotti cerca invano di riportare un po’ di Mann, ma il film finisce più dalle parti di Sonno Criminale che di Nemico Pubblico. A doppiare De Niro, però, ci pensa sempre De Niro, come in un reality show senza concorrenti. Il risultato? Un esercizio di stile che dimentica l’essenza. Neanche la sceneggiatura di Nicholas Pileggi, solitamente garanzia di nerbo, riesce a salvare l’opera dal pantano di déjà-vu narrativi. E quando finalmente accade qualcosa, siamo già oltre la metà, troppo stanchi per appassionarci. Ma se moltiplichi De Niro, noi spettatori vorremmo almeno dividere la noia.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta