In una stradina di Tokio, di prima mattina, un signore anziano spazza una stradina deserta; il rumore dello sfregare della scopa sul selciato, il lieve brusio sono la sveglia di Hirayama, un signore che si desta sul suo letto giapponese. Lo sistema, si fa la barba, innaffia le piantine, si infila nella tuta da lavoro e prende le sue cose: le chiavi, il cellulare, la macchina fotografica.
Appena uscito di casa osserva il cielo, il nuovo giorno è appena iniziato, inserisce una moneta in un distributore di caffè e una volta a bordo del suo furgone si dirige al lavoro che consiste nel pulire i bagni pubblici di Tokio ed Hirayama lo fa in maniera meticolosa e con grande dignità. Si reca al parco alberato dove addenta un tramezzino, prima però estrae dal taschino la macchina fotografica, una vecchia Olympus analogica e scatta una foto agli alberi, a quelli alti che raggiungono uno scorcio di cielo. Alla fine della giornata si dirige alla fermata di un metrò dove, in un bar, lo accoglie un cameriere che gli serve sempre le stesse pietanze.
Alla fine della giornata ritorna a casa e, prima di dormire, legge alcune pagine di un libro. La notte trascorre con ricorrenti sogni in bianco e nero, spesso foglie di alberi sospinti dal lieve vento e qualche sfocata immagine dell'immediato trascorso. I suoi sogni somigliano alle foto in bianco e nero che scatta quotidianamente.
Le giornate si ripetono accompagnate dalla musica rigorosamente in cassetta, alla vecchia maniera, come a fermare il tempo. La storia, con alcune variazioni che si susseguono nel film come il collega di lavoro e la sua ragazza, l'arrivo della nipote, il contatto con la sorella, la conoscenza dell'ex marito malato di una ristoratrice che di tanto in tanto frequenta, non cambiano di una virgola la sua vita fatta di metodismo, di ripetizioni costanti. Questo ripetersi, per niente noioso, viene vissuto come "dono della vita" che sublima la vita stessa.
Niente politica, niente TV, niente svaghi se non i libri e le foto. Tutto qua: i giorni perfetti di Wenders sono questi.
Alla fine Wenders si sofferma sullo sguardo malinconico di Hirayama che, assorto nei pensieri, si lascia scappare una lacrima e un sorriso.
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