Regia di Federico Fellini vedi scheda film
"La dolce vita" è un capolavoro assoluto del cinema italiano e mondiale? Certamente. Fellini ci dà un affresco smisurato sulle contraddizioni dell'Italia del nascente boom economico, sul vuoto esistenziale di tutta una generazione, sullo squallore di un certo giornalismo scandalistico, sui riti stanchi e decadenti di una borghesia prigioniera di sé stessa. Lo stile abbandona la matrice neorealista delle prime opere e si fa più barocco e visionario, anticipando la tendenza prevalente nelle opere a venire; inoltre, pur conservando la figura centrale del giornalista Marcello Rubini, si apre a un'inaspettata coralità di personaggi e situazioni che vanno a formare un affresco assai sfaccettato e complesso. La città eterna è vista come una "Babilonia precristiana, affascinante e turpe" (Morandini), una Roma "aristocratica e straccionesca, tetra e buffonesca" (lo stesso Fellini). Tra le tante sequenze memorabili e fortemente iconiche, la falsa apparizione della Madonna ai bambini e il bagno di Ekberg-Mastroianni nella fontana di Trevi, la visita del padre che ha un malore mentre si trova in un night-club e il suicidio dell'intellettuale Steiner, oltre che l'orgetta finale nella villa di Fregene; tra gli attori si impone un Marcello Mastroianni di grande finezza in una performance che ha fatto scuola soprattutto per il disincanto e l'amarezza espressi mirabilmente nella scena sulla spiaggia del finale in cui tenta inutilmente di parlare a Valeria Ciangottini; i migliori fra gli altri mi sembrano Anouk Aimee nella parte della prostituta Maddalena, Alain Cuny come Steiner e Annibale Ninchi come padre di Marcello. Palma d'oro a Cannes indiscutibile e grande successo internazionale: in Italia fu l'incasso più alto della stagione, ma anche negli Stati Uniti consolidò notevolmente la reputazione di Fellini. Nonostante il titolo, si tratta comunque di un film pessimista, quasi disperato come il citato finale sulla spiaggia sottolinea impietosamente; e la disperazione di cui sono impregnate le immagini risulta ancora attualissima a più di sessanta anni di distanza. Anita Ekberg vi deve la sua effimera fortuna, anche se nel film funziona perfettamente come simbolo del fascino femminile; la scena del bagno nella fontana, accompagnata dalla magnifica partitura di Nino Rota, rimane forse, in assoluto, il singolo momento cinematografico più iconico e amato del nostro cinema, omaggiata in molti altri film fra cui "Lost in translation" di Sofia Coppola. La figura del paparazzo viene codificata dal personaggio omonimo, interpretato da Walter Santesso, ma per il resto il poderoso affresco di tre ore firmato da Fellini sembra essere girato in presa diretta sulla realtà; la potenza satirica e di documento sociale del film è immensa, con piccole scorie come la sequenza di lite fra Marcello e Emma, interpretata da Yvonne Fourneaux, dove il dialogo degli sceneggiatori Pinelli, Rondi e Flaiano si fa improvvisamente fin troppo letterario.
Voto 10/10
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