Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
"Licorice Pizza", nona opera di Paul Thomas Anderson, affronta, attraverso una commedia romantica che si alleggerisce, temi molto importanti come l’identità, l’amore e la crescita.
I personaggi che ci vengono presentati sono pensati come “grotteschi”, una presa in giro dell’Hollywood dell’epoca attraverso la loro eccentricità, il loro modo di essere e le loro azioni. In poche parole, sono semplicemente “se stessi”. Il film è infatti una critica all’Hollywood di quegli anni che, presa da tutto ciò che era vacuo e superfluo, finiva quasi per dimenticare la cosa più importante: la vita.
Nel film, i personaggi sono tutti intrappolati in qualcosa che impedisce loro di vivere davvero: denaro, fama, amore. Nessuno è mai veramente libero, tutti sono bloccati e legati a cose materiali senza riuscire a vivere davvero la propria esistenza. Il personaggio che più di tutti permette allo spettatore di confrontare il mondo “reale” con quello “glamour” dell’Hollywood anni ’70 è Alana che, per tutto il film, resta sempre se stessa. Matura, diventa più consapevole di ciò che la circonda, ma rimane sempre fedele a se stessa, ai propri ideali.
Il livello tecnico è, sin dalla primissima scena, molto alto. Ciò è evidente nella brillantezza dei dialoghi, nella capacità recitativa di Hooper e Haim, nella fotografia che diventa sempre più bella con il fluire del film.
È una scelta curiosa inserire attori “nuovi” come Hooper e Haim in un film con interpreti già famosi e affermati come Safdie, Cooper, Penn e Waits.
La parte migliore del film, tuttavia, è la crescita dei personaggi: non solo Gary, ma anche Alana cresce all’interno della storia. Se Gary è completamente inesperto della vita, Alana è già adulta ma si sente comunque “perduta” in un’esistenza in cui non capisce quale sia il suo posto. Crescendo e restando accanto a Gary, troverà la sua direzione mentre si sviluppa la loro storia, piena di alti e bassi.
Non so se sia merito della sceneggiatura o della bravura dell’attore, ma il modo in cui Anderson riesce a descrivere lo “smarrimento” che vive il personaggio di Hooper è davvero perfetto e vicino a ciò che molti ragazzi sperimentano oggi.
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