Regia di Adam Rifkin vedi scheda film
Non stupisce se dalle nostre parti, in assenza di una solida e radicata cultura/tradizione rock-metal, un film incentrato sui “famigerati” Kiss, satanici (balla clamorosa!), kitsch, camp, demodé e via discorrendo non potesse avere il benché minimo impatto. Piaccia o meno, restano uno dei gruppi rock più importanti di sempre (chiedete a Lenny Kravitz o Pearl Jam, giusto per fare due nomi) e in USA, Australia e diversi paesi europei sono ancora oggi venerati da schiere di fedeli per un mito che si tramanda di generazione in generazione. Detto questo e sgombrato il campo dai pregiudizi, il film era dovuto e nelle mani di Adam Rifkin, grande fan del gruppo, non poteva fallire: l’incipit è fenomenale, così come i titoli di testa e la colonna sonora lungo tutta la durata del film, la telecamera non è mai banale e accompagna con perizia gli umori dei protagonisti e le situazioni che vengono a crearsi, la sceneggiatura offre numerosi momenti originali e gustosissimi, lontati anni luce da molte sciocchezze da teen-movie (un immane pentolone in cui, ingiustamente, si è preferito infilare anche “Detroit Rock City”, più che altro per comodità e pigrizia). Certo, il film è leggero, volgare, intriso di patinata nostalgia anni ‘70, ma nell’immaginario ipercromatico, disimpegnato, fumettistico dell’universo Kiss tutto questo calza a meraviglia. Da rivalutare, rigorosamente in lingua originale però.
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