Regia di Felix Van Groeningen vedi scheda film
Mi imbatto in questo film (forse per caso) proprio all’indomani della canonizzazione dell’ormai santo Carlo Acutis, e i riccioloni del dannato Timothée Chalamet si sovrappongono a quelli del primo al quale, peraltro, inquietantemente somiglia.
Questo film ha molti pregi; il primo è quello di non scadere mai nella retorica, nel pietismo, tanto meno tra le spire del giudizio: è un film forte fatto da persone forti, lo è il giovane Nic, lo è suo padre (bravissimo Steve Carrel), lo sono le donne che, come sempre qualunque donna, girano intorno senza invadere perché conoscono benissimo cosa competa loro in certi casi; lo sono anche i bambini piccoli (Nic nella sua infanzia, i due fratellini adorati di secondo letto), e i cani, e le onde del mare dove annegare per un attimo le proprie debolezze cavalcando una tavola da surf.
Il secondo, è quello di narrare con molta grazia e delicatezza qualcosa che altrimenti sarebbe stato un dramma-e-basta, di avere i tempi giusti di azione e reazione, di non cercare di rincorrere “un argomento” ma piuttosto di lasciarsi trasportare da questo.
Il terzo, è quello di aver saputo rendere un’umanità profonda, radicale, e di averla saputo distribuire in tutti i suoi risvolti, in tutti i ruoli, in ogni ragione che possa intervenire laddove appunto il giudizio non viene assolutamente espresso.
Ce n’è anche un quarto, forse di peso minore, ma la colonna sonora e la “colonna letterario/poetica” che accompagna tutto il lavoro non fa rimpiangere nessuno dei salmi o dei cantici dell’Antico Testamento.
Il Giudizio Universale forse avrà fatto santo Carlo, ma Nic Sheff (che non è un personaggio di fantasia, che anche lui ha vissuto e vive, e casomai ha il difetto di non essere morto giovane) credo che sia altrettanto gradito nei Cieli della Misericordia, meno ricordato nelle omelie, uno di quelli per cui il Cristo che conosco io si è speso, forse molto più che non per l’Acutis.
Amen.
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