Un film sconvolgente per la sua brutalità e sincerità.
A me non interessa che in un documentario vengano inserite scene "costruite". Le vediamo tutti i giorni, nei filmati che ci parlano della natura "selvaggia". Le fototrappole sono sempre posizionate in luoghi strategici dove, per far prima, è stata collocata la carcassa di un animale morto, oppure una preda viva, legata o intrappolata. Ma nessuno si scandalizza, anzi, vengono applauditi questi documenti visivi che ci mostrano la natura nella sua "verità". Quindi l'ipotesi accettata di un inserimento falso viene giustificata dal fatto che, certamente, il fatto è reale in natura, ma essendo molto difficile o impossibile filmarlo, il regista viene aiutato nella sua ricostruzione. Ma nessuno dubita che quel felino sbrani la sua preda viva, nè che lo sciacallo affondi le sue mandibole nella carogna nauseabonda. È un dato di fatto. Una realtà. Africa Addio ci parla di tante cose, ma i giudizi li lascia allo spettatore. Dubitiamo forse che l'uomo è un essere spregevole, bianco o nero che sia? Certamente no. E non dubitiamo che il pallido britannico sia andato a "divertirsi" ammazzando a fucilate lo splendido elefante, solo per farsi poi fotografare gongolante nella pozza di sangue del povero pachiderma. Dubitiamo che il nero africano sia il responsabile delle atrocità filmate benissimo, con ore e ore di riprese proprio per testimoniarne passo passo la gratuita violenza inflitta ad animali e piante? Credo di no. I sequestri di avorio li abbiamo visti tante volte, a zanne ormai avulse. Sono i compratori di quell'avorio, che dovrebbero vedere il film di Jacopetti. Così, giusto per farsi un'idea sul "come" il prezioso materiale arriva nei mercati. Ci fanno ridere forse le giovani africane, dai corpi adatti alle danze tribali, quando si coprono con reggiseni e reggicalze, finiti i balletti turistici? Niente di più grottesco, lontano dalla loro cultura e dal loro ancestrale sentire. Ma lo stesso potremmo provare ribaltando la scena e i protagonisti. Vedremmo del grottesco se dei bianchi giovani occidentali si mettessero i gonnellini di foglie e intonassero un canto voodoo con lance e piume in testa? Ci farebbero ridere? Jacopetti sembra dirci quasi un "ad ognuno il suo mondo", in molte situazioni. Le britanniche bianche con cappellino a bordo di macchine azzurre, fotografano con morbosità la copula dei leoni. Senza lasciarli mai in pace. Che ci fanno, quelle signore, nella savana? Sono civili, educate, acculturate, rispettose? Direi di no, allo stesso identico modo degli africani che squartano la gente e gli animali, bruciano i bambini o radono al suolo con la ruspa i giardini abbandonati dai colonialisti. Lo sappiamo tutti che razza di danni hanno fatto i bianchi in tutto il mondo. Questo film ci fa vedere anche un altro aspetto del problema. Allo spettatore, trarre le proprie conclusioni.
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