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Falso movimento

Regia di Wim Wenders vedi scheda film

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La recensione su Falso movimento

di SamP21
8 stelle

La trama in breve:

Il giovane Wilhelm parte dalla sua cittadina nel nord della Germania per Bonn. Strada facendo fa una serie di incontri: un ex nazista e la giovane figlia; Therese, una donna che incontra in treno; Bernard, poeta vagabondo. Tutti finiscono nella villa di un industriale che si suicida. Vagabondano sul Reno, poi il gruppo si sfalda. Wilhelm passa una notte con Therese, poi parte per le Alpi. Sulla funivia del Grossglockner scambia la sua penna con una cinepresa.

 

Come raccontò in una conferenza Wenders, il suo cinema fino ad un certo punto ha seguito due direzioni opposte ma parallele. Un tipo di film libero, aperto, senza strutture, ed uno basato su una storia (quasi sempre un libro), e quindi chiuso.

 

Nel caso di Falso Movimento la questione è più complessa, perché di certo Peter Handke, lo sceneggiatore, è partito dal “Wilhelm Meister” di Goethe, ma per approdare altrove; e questo approdo cinematografico è intriso del e nel cinema di Wenders.

 

Sempre in quella conferenza il grande regista raccontava della sua difficoltà di narrare e il film parla anche e soprattutto di questo. Il protagonista vuole scrivere, la sua vita sembra fatta apposta, ma non riesce, non sa di cosa scrivere, vorrebbe essere politico ma non trova le parole, e probabilmente non riesce a farlo perché è fermo; il suo corpo, la sua mente, la sua fantasia, è tutto fermo e allora inizia a girare per la Germania.

 

In quello stesso 1975 Wenders girerà per i suoi due film tutto il paese, come il protagonista del film o quasi.

In questo girare, in questo fuggire dal suo io precedente, dalla sua casa e da sua madre, il protagonista incontra figure chiavi che aprono ad uno spaccato della Germania dell’epoca. Dal film emerge il profilo di un paese in crisi di identità, delle cittadine, ma il discorso riguarda anche le campagne, dove le persone si sentono perse, ferite, limitate.

 

Incontra prima la coppia formata ad un ex militare nazista, ora reinventatosi artista ambulante, con una ragazzina anche lei artista, ed è così l’occasione di conoscere la storia di un paese, i padri e le loro colpe. Il protagonista non riesce ad affrontare realmente la questione, il nazismo, e gli errori di un paese, ma altresì ne viene disturbato. Allo stesso tempo la ragazza rappresenta, se vogliamo il futuro. Incontra poi una donna, o meglio la vede dal finestrino del treno, e di lei si innamora.

 

I movimenti nel film sono, anche se falsi appunto, sia fisici, sia del desiderio, delle ambizioni e lei rappresenta quel lato dell’uomo che era diventato apatico come tutto il resto. Infine incontra un giovane poeta anche lui sperso in un viaggio senza meta. Quando i cinque approdano alla casa di uomo, che si pensava essere quella dello zio del poeta, si trovano di fronte al ritratto più desolante del film.

Il proprietario di casa si sta per suicidare ma proprio per il loro arrivo non lo fa o meglio rimanda. L’incontro con la morte risveglia il protagonista che in quel momento si sente più vivo, e forse più pronto a scrivere di qualcosa.

 

Wenders ci mostra la Germania, dal paese iniziale quasi incantato eppure immobile, alla campagna fino al cemento di Francoforte. Le sue immagini sono forti e toccanti, con lui il grande Muller, inquadrano un’umanità spersa e un paese che sta cambiando, forse lentamente, e degli uomini che cercano qualcosa.

 

Ad un certo punto del film Therese (Hanna Schygulla) dice al protagonista che questo camminare e camminare è solo un modo per rimandare, “facciamo qualcosa”; è riferito a loro, come conoscenza, ma in generale ad una vita che sembra essersi smarrita in un circolo senza fine.

 

Il protagonista vorrebbe scrivere ma riesce solo a momenti e ha sprazzi di idee, Wenders e Handke riflettono entrambi sull’atto di narrare, da dove si origina e dove vuole andare, e cosa dire e come.

 

La prima parte del film è folgorante per la bellezza delle immagini, per la prova del solito Vogler (alter ego del regista), per come traccia l’apatia di un uomo che decide di muoversi per vedere, e per capire come scrivere e chi essere (torniamo a Goethe).

L’atto del vedere è importante o meglio imprescindibile nel cinema di Wenders, e questo movimento é questo vedere: treni, paesaggi, persone, porta il nostro ad una fase successiva.

 

Falso Movimento è il mio citato della “trilogia della strada” ma è forse il film dei tre che più mostra Wenders alle prese con la sua Germania. Il protagonista vuole fuggire, come fuggiva il protagonista di “Alice nelle città” e con loro, forse, anche Wenders.

 

Bellissime infine le musiche di Jürgen Knieper.

 

Voto 8,5

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